Page 65 - Sbirritudine
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«Certo»  confermai,  «pulitissimi». Insistette che non era possibile.  «E
              perché?» chiesi.

                 Fu così che vuotò il sacco, come se stesse parlando di calcio con il
              suo migliore amico. Non lo sapevo che erano tutti assegnatari di quelle

              ville  grazie  all'intercessione  del  nostro  onorevole  assessore?  Nessuno
              avrebbe potuto averle altrimenti. D'altronde all'inizio erano progettate
              per essere delle casette striminzite e poi con successive varianti erano

              diventate quelle portaerei. Certo, dicevo io, ovvio, e che cazzo, ma è
              normale! Figuriamoci, dottor Caruso. «Quindi» aggiunse, «se io sono in
              difetto  lo  è  anche  l'assessore  Calafiore,  e  questo  non  può  essere.»
              «Perché  non  può  essere?»  chiesi.  Caruso  restò  senza  parole.  «Ma

              come» continuai, «ora secondo lei un assessore non può essere accusato
              di truffa ai danni della Regione? Forse mi vuole dire che un politico è
              diverso  da  un  cazzo  di  Vito  Caruso  qualunque?»  Dissi  proprio  così,

              omettendo il titolo di dottore. Lui iniziò a sudare. Quando finalmente la
              moglie tornò riaccompagnando quel gran cafone di Renzo capì subito,
              guardando il marito, che erano nella merda. Mi alzai in piedi e le dissi:
              «Cara dottoressa, con il dottore abbiamo chiarito delle cose interessanti,

              adesso io e il mio collega togliamo il disturbo, così potete dedicarvi ai
              vostri pazienti».

                 Una volta fuori, Renzo scoppiò a ridere. Io rimasi serio e gli indicai
              la  doppia  villa  di  Calafiore.  Renzo  scosse  la  testa.  «Siamo  senza
              sottufficiale» spiegò, «Caruso e Calafiore non sono la stessa cosa.» Feci

              finta di niente, raggiunsi il viale d'ingresso e mi appizzai al citofono.

                 «Sì?» Voce di femmina. «Chi è?»
                 «Polizia» dissi io.

                 «Polizia?»

                 «Eh, sì. Mauro Calafiore è in casa?»

                 «L'assessore?»

                 «Lui.»
                 «Un attimo.»

                 «Mi apra subito» insistetti.

                 Aprì.  Renzo  mi  venne  dietro  lungo  il  vialetto,  ma  aveva  scritto  in
              faccia che secondo lui stavamo facendo una malaminchiata.

                 Il tempio, perché con tutte quelle colonne sembrava più un tempio
              che una casa, si affacciava su un giardino stile Babilonia. La donna del
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