Page 62 - Sbirritudine
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giro delle troie. Quanti ne ho fermati quando ero in forza qui. Per loro
era un gioco. La maggior parte venivano da famiglie normali,
studiavano all'università o erano all'ultimo anno di liceo. Io ero poco
più grande di loro e li capivo, volevano solo divertirsi. Si avvicinavano
in auto alle puttane e chiedevano il prezzo. Quelle donne, quasi tutte di
colore, rispondevano con gli occhi scavati dalla paura e la voce
impersonale e stanca di un registratore di cassa: «Trentamila bocca
figa». E quelli iniziavano a ridere e ripartivano a tutta velocità
sghignazzando come matti. Quando capitava che li fermavamo, però,
iniziavano a balbettare e a tremare. Le nostre divise gli facevano paura.
Perché in Sicilia cresci con il terrore degli sbirri, come se fossimo noi i
cattivi da temere. Ma erano dei ragazzini, li lasciavamo andare dopo un
controllo veloce dei documenti, e loro fuggivano via con gli occhi bassi
e la vergogna nello stomaco. Noi poliziotti invece restavamo lì, insieme
alle prostitute. A volte compravo dei cornetti e glieli portavo. Erano
ragazzine pure loro. E anche io, in fondo, ero un ragazzino. Così come i
miei colleghi.
Supero il porticciolo turistico e raggiungo l'ingresso del porto. In
guardiola non c'è nessuno, il cancello è aperto. Posteggio, scendo
dall'auto e mi metto a camminare fino al molo che ho di fronte. Non ci
sono grosse navi attraccate. Torno indietro e percorro la banchina fino a
una torre di container: uno sull'altro, incastrati e solidi. Era quello che
volevo fare con la squadra investigativa. Un gruppo unico. Tutti uguali.
Dopo le tante retate di spacciatori ci eravamo guadagnati un po' di
rispetto a Prezia. La maggior parte della gente si chiedeva solo perché
rompevamo la minchia, ma qualcuno apprezzava i nostri sforzi. Di
nascosto, è ovvio, come quel panettiere che mi faceva trovare sempre il
pane anche se non gliel'avevo ordinato. Ogni giorno mi metteva da
parte un parigino e due semprefreschi dell'ultima infornata: se passavo
a prenderli lui me li dava, altrimenti restavano invenduti. Era il suo
modo di farmi capire che mi sosteneva, che lui c'era. Purtroppo lo capii
solo molto tempo dopo.
La morsa sullo spaccio stava strangolando il mercato, e così qualcuno
decise di fare qualcosa per costringerci a mollare un po' la presa. Una
sera venni avvicinato da uno sfacinnàto che vendeva vestiti contraffatti.