Page 64 - Sbirritudine
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separava e ora si  godeva un immenso salone in cui potevi giocarci a
              calcetto. La terza l'aveva intestata a sua madre. Cuore di figlio.

                 Ricontrollammo  tutti  i  nomi  dei  proprietari  e  approfondimmo
              eventuali questioni pendenti, verificammo introiti, patrimoni personali,

              proprietà e quant'altro. Eravamo alla ricerca del pesce più piccolo, si
              parte  sempre  da  lì.  Venne  fuori  questo  Vito  Caruso:  dirigente  alla
              Regione,  moglie  funzionario  alla  Regione,  figlio  impiegato  alla

              Regione. E la moglie del figlio? Impiegata al Comune. Un nipotino e
              un'altra in arrivo. Casa a Prezia e villetta al mare, piccola però. Serviva
              più spazio, visto che la famiglia stava crescendo. E quindi richiesta di
              alloggio nel comprensorio Sole. Domanda accolta. Vuoi mettere? I suoi

              potenti vicini non avrebbero mai accettato un morto di fame qualunque.

                 Da  qualche  giorno  Caruso  aveva  avviato  dei  lavori  in  giardino:
              voleva  il  prato  all'inglese.  Mi  presentai  da  lui  con  Renzo.  «Salve,
              buongiorno, solo qualche domanda, non si preoccupi.» Lui e la moglie
              ci fecero accomodare in salotto. Lei, tale Franca Scelsi, aveva due occhi

              che pareva un'assatanata di potere. Pelle secca, rughe taglienti e bocca
              invisibile. Vestita come un manichino sbagliato: abito in saldo di due
              taglie  troppo  grande  e  scarpe  coi  tacchi  inchiodate  in  fondo  a  due

              gambe legnose. Insistette cinque volte che per rivolgermi a suo marito
              dovevo usare il titolo di dottore. Era lei che comandava, il povero Vito
              Caruso era la sua vittima. Feci qualche domanda a tràsiri e a nèsciri, sui
              vicini, il mutuo, la cooperativa, il prestito. La moglie capì subito dove

              volevo arrivare, così minacciò di chiamare il loro avvocato. Feci cenno
              a Renzo di portarla fuori dalla stanza con qualche scusa. Renzo le disse
              che  doveva  pisciare.  Disse  proprio  così.  Lei  vacillò  di  fronte  a  tanta

              brutalità, ma accettò schifata di accompagnare quel vastàso che voleva
              urinare nel suo cesso lindo. Rimasto solo con Caruso, lo guardai dritto
              negli occhi e gli dissi che sapevo benissimo che loro non avevano un

              avvocato.  Perché  avrebbero  dovuto  averne  bisogno?  Lui  era  una
              persona onesta e meritava di restare in pace, io volevo solo capire come
              funzionava quella storia della cooperativa. Caruso  mi rispose che era

              tutto a posto e io ribattei che ero sicuro che fosse tutto a posto, solo che
              lui i requisiti per stare in quella villa non ce li aveva. Caruso balbettò.
              Specificai  sottovoce  che  si  trattava  di  truffa  ai  danni  dello  Stato.
              Stavolta accusò il colpo e io rincarai la dose. Gli altri, i suoi potenti

              vicini, assicurai, erano puliti, avevo verificato, ma lui… purtroppo no.
              A  quel  punto  il  cretino  crollò.  «Ma  davvero  gli  altri  sono  puliti?»
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