Page 57 - Sbirritudine
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viso duro e sfrontato ha la magrezza del fuggiasco, scavato dai segni di
              chi per tutta la vita si è nutrito solo di nervi, fame e rabbia. Ha i capelli

              rasati ai lati della testa, un orecchino con diamante e indossa una tuta
              acetata bianca e scarpe da ginnastica troppo costose. Segni che rivelano
              che ormai è uno che non fugge più. Con quei suoi occhi che hanno visto
              troppo,  mi  fissa  come  farebbe  un  malacàrne  con  anni  di  galera  alle

              spalle, con sguardo calmo e sbruffone. Mafioso vuol dire questo. Fare
              'u  mafiùsu.  Essere  mafiùsu.  Non  avere  paura,  anzi  incuterla.  Essere
              arrogante  e  prepotente.  Non  farsi  comandare  da  nessuno.  Essere

              impudente e sfacciato.
                 Il ragazzino dietro di lui è meno sicuro, è un gregario. Si farà male

              presto  e  non  diventerà  nessuno.  L'altro,  il  secco,  invece,  continua  a
              fissarmi. In sella allo scooter. In mezzo a un strada di notte. A dodici
              anni. Tira fuori un pacchetto di sigarette, ne prende una e se la mette in

              bocca,  poi  fa  un  cenno  a  quello  dietro  che  si  cerca  nelle  tasche  e
              gliel'accende.  Alle  mie  spalle,  l'adolescente  alla  guida  della  Golf
              ingrana  la  prima  e  preme  con  il  suo  paraurti  contro  la  mia  auto.
              Credono di farmi paura.

                 Metto il freno a mano e spengo il motore, poi abbasso il finestrino e

              accendo  la  radio.  Robaccia  da  discoteca.  Non  mi  piace,  cambio.  Un
              notiziario  sul  traffico.  Musica  classica.  Ma  per  favore.  Poi  trovo  una
              stazione dove si parla di calcio. Ecco, questa va bene, alzo il volume: la
              voce  del  tipo,  sedicente  esperto  di  mercato,  rimbomba  tra  i  vicoli

              mentre discute del Palermo, dei nuovi acquisti e del campionato che sta
              per cominciare. Chi se ne fotte.

                 Quello  dietro  di  me  non  sa  più  che  fare.  I  due  davanti  mi  fissano
              senza capire, non se lo aspettavano.

                 I mafiosi veri sono sicuri di sé. Ti vengono a chiedere il pizzo perché
              non hanno paura di niente e di nessuno, si sentono onnipotenti, la loro

              calma è totale perché sanno di essere capaci di ucciderti e tu lo sai che
              lo farebbero senza scrupoli. È la calma del boia, la quiete della morte.
              Quello che non sopportano, però, è quando sei più calmo di loro. Non
              lo  capiscono,  diventi  un  enigma.  Come  minchia  è  che  questo  è  così

              tranquillo?  È  pazzo?  Oppure  cosa? È  quell'“oppure”  che  li  manda  in
              cortocircuito, gli fa perdere all'istante il vantaggio che avevano. A quel
              punto diventano come tutti gli altri, la mafiosità che li proteggeva come

              uno scudo è svanita. Mi è successo con uomini d'onore con i coglioni
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