Page 54 - Sbirritudine
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l'altro  lo  vuole  fare  fuori.  Nomi  di  cose,  persone  e  città,  di  famiglie,
              reati, fatti, segnali. Tutto finisce nella mappa.

                 E così arrivammo a Duca Nero. Io di cavalli non ci capisco nulla, ma
              quello  era  bellissimo,  potente,  fremeva  come  una  fuoriserie  e  pareva

              una montagna scura sul punto di franare. Duca Nero era il favorito e
              apparteneva a Fifi Bellingeri, il boss latitante ricercato da quasi dieci
              anni,  il  padrone  del  feudo  di  Prezia.  Uno  che  gli  stessi  corleonesi

              temevano in quanto a ferocia e perfidia. Si diceva che avrebbero voluto
              ammazzarlo per quanto lo temevano, ma che in quel modo si sarebbero
              privati di uno che comandava con pugno di ferro tutta la provincia.

                 Duca  Nero  divenne  il  nostro  obiettivo.  Ero  sicuro  che  Bellingeri
              sarebbe  venuto  a  goderselo,  una  sera  o  l'altra.  Non  tornai  a  casa  per

              giorni, neppure a dormire. Diversi appostamenti li feci completamente
              solo.

                 Era una buona intuizione, ma non mi portò al boss. Scoprii invece
              che il cavallo veniva drogato con cura. Lo imbottivano di tutto quello
              che  il  mercato  degli  anabolizzanti  poteva  offrire.  Bellingeri  voleva

              vincere, anzi, doveva vincere.
                 Ne andava del suo potere. Doveva dimostrare quanto fosse totale il

              suo dominio.
                 Fifi Bellingeri era insieme il papa, il presidente, il capo del governo,

              il padre e il santo protettore di Prezia. Era tutto. E io ancora non ero
              niente.

                 Alla fine venne la festa, Duca Nero vinse senza fatica. Poi, la notte
              stessa,  gli  scoppiò  letteralmente  il  cuore  per  quelle  porcate  che  gli
              avevano pompato in vena. Ma questo la gente non lo venne a sapere.

              Prezia seppe solo che il cavallo di Bellingeri aveva vinto e che lui era
              ancora il padrone.

                 Arrivo  alla  fine  del  moletto  di  Mondello  e  mi  affaccio  sul  mare.
              Intorno a me il golfo, a destra la piattaforma del ristorante Charleston e
              in  alto  Monte  Pellegrino,  a  sinistra  Capo  Gallo.  Un  peschereccio

              rientra. Sono in tre a bordo. Si muovono senza parlare, sanno cosa fare
              e quando farlo. Spengono il motore e si incuneano tra altre due barche.
              Tirano una cima e la assicurano al molo. Scendono con due secchi pieni

              di  pesce.  Il  più  anziano  mi  guarda.  Non  mi  propone  neanche  di
              comprarlo. Ha capito che non sono qui per i saraghi. Scivolano lungo il
              molo in silenzio. Resto di nuovo solo.
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