Page 53 - Sbirritudine
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era ridicola. Si intestardì tanto che alla fine se la prese con Paco. Ne
              venne fuori una scazzottata in piena regola. Io e gli altri provammo a

              separarli  ma  quando  ci  ritrovammo  a  terra  fu  chiaro  che  anche  noi
              eravamo collocàti.

                 I giorni seguenti furono difficili. Tutti i nuovi arrivati non capivano la
              foga  che  ci  mettevo  nel  servizio.  Mi  dicevano  che  presto  sarei
              scoppiato. Molti avevano famiglia, erano poliziotti onesti ma non erano

              d'accordo  con  la  strategia  della  guerra  a  tutto  campo,  sempre  e
              comunque e senza coperture. Non potevo biasimarli.

                 La  tensione  salì  alle  stelle  quando  insistetti  per  fare  controlli  a
              tappeto prima della festa del santo patrono. Eravamo senza un dirigente
              e mi accusarono di fare come se fossi diventato io il capo. Alla fine ci

              ritrovammo i soliti cinque. Per la celebrazione ai primi di luglio il paese
              intero  si  trasforma  in  un  ippodromo  labirintico:  si  corre  a  cavallo
              attraverso il paese, nelle viuzze strette e tra il viale principale e quello
              che porta a mare; il traffico viene deviato, le strade vengono coperte di

              paglia  e  transennate  e  arrivano  venditori  ambulanti  da  mezza  Sicilia.
              Una specie di Palio di Siena, solo che si tiene a Prezia e che i cavalli
              non  rappresentano  le  contrade,  ma  le  varie  famiglie  mafiose.  Ogni

              uomo d'onore di peso deve averne uno da far gareggiare in onore del
              santo. Non partecipare significa non contare.

                 Per prima cosa mi feci dare l'elenco dei cavalli in gara con tanto di
              nomi  dei  fantini.  Cominciammo  a  eseguire  controlli  approfonditi  sui
              rispettivi proprietari. Naturalmente erano tutti prestanome, ma facendo

              gli opportuni appostamenti riuscimmo a risalire a qualche pezzo grosso.
              Due  soprattutto,  Calaciura  e  Viganò.  Il  primo  aveva  scontato  quasi
              vent'anni  di  galera  a  macchia  di  leopardo  per  quasi  tutti  i  reati  del
              codice  penale.  L'altro  era  stato  dentro  per  traffico  internazionale  di

              stupefacenti. Ormai avevano pagato il conto con la giustizia, ma erano
              ancora molto potenti e quindi andavano tenuti d'occhio.

                 Renzo e gli altri mi chiesero che me ne facevo di quelle informazioni.
              Non  provai  neanche  a  spiegarglielo,  ma  sapere  i  fatti  mi  serve  per
              collegarli. Io nella testa ho la mia mappa delle cose. Uno mi dice una

              cosa  e  io  la  registro.  Indago  su  un  fatto  e  scopro  un'altra  cosa.  La
              prendo e la metto nella mappa in attesa di unirla al resto. Ho una mappa
              delle cose siciliane che me la sgrano come un rosario ogni sera. Quello

              conosce quell'altro, questo mi ha detto così, lì ci abita il tizio che sa che
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