Page 47 - Sbirritudine
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Zona  ovest.  Ai  lati  della  strada  si  stendono  capannoni  ovunque,
              enormi e vuoti, perché a Palermo di industria non ce n'è, ci sono solo
              casermoni  costruiti per beccare fondi europei e statali. Questa città  è

              così: scombinata, inafferrabile, ti fa sentire strano.
                 Il  motore  della  macchina  adesso  è  al  massimo.  Dentro  l'abitacolo

              trema  tutto.  Il  volante  è  epilettico.  Pare  quasi  che  lo  specchietto
              retrovisore stia per rompersi da un momento all'altro.

                 Imbocco  l'uscita  per  andare  verso  il  centro.  Palazzi  tutti  uguali.
              Strade deserte. Mi sembra di essere rimasto l'ultimo uomo sulla terra. O
              meglio, l'ultimo sbirro sulla terra.

                 Rido. Mi sentivo così anche quando a ventisei anni mi misi in testa di
              rivoltare Prezia sottosopra.





                 Con Renzo facevamo raffiche di appostamenti, fermi, perquisizioni.
              Eravamo io e lui soltanto, e puntualmente al commissariato ogni nostro

              arresto in flagranza di reato veniva sminuito come una ragazzata. Ma lo
              volete  mettere  dentro  perché  si  fa  le  canne?  E  questo  lo  volete
              denunciare perché un amico gli ha prestato una macchina rubata? Ma
              quello non lo sapete che è figlio del fratello del cugino del marito della

              nipote?

                 Vaffanculo. Noi andavamo avanti lo stesso. Prezia doveva capire che
              le cose erano cambiate, la pace era finita, l'accordo tra Stato e mafia era
              in  discussione.  E  più  i  colleghi  ci  rendevano  la  vita  difficile  e  ci
              sfottevano, più io m'incaponivo. Renzo iniziò a esitare. Io mai. Io un

              muro lo abbatto, e se mi levano il piccone lo butto giù a spallate.

                 Dovevo solo essere paziente. E la pazienza la impari per forza, se stai
              di pattuglia. Mi resi conto che senza volerlo avevo cominciato a odiare
              il commissariato. Odiavo gli altri sbirri perché mi facevano schifo.

                 La trappola che avevo in mente non poteva ancora scattare. Avevo le
              prove della corruzione di molti colleghi, ma erano tutti delle minchie

              sfatte. Avrei  potuto  farli  trasferire  in  blocco,  ma  il  problema  erano  i
              capi.  Erano  loro  il  tappo  che  ostruiva  tutto.  Scimò  aveva  il  figlio
              tossico,  e  allora?  Era  ricattabile,  ma  servivano  le  prove  che  lo  fosse
              davvero.  Ci  metteva  i  bastoni  tra  le  ruote,  e  allora?  Lo  potevano
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