Page 44 - Sbirritudine
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scavavo nel petto di uno di loro dopo avergli spalancato le costole in
              cerca del cuore. Anna mi prese la mano e mi chiese di andare via. Disse

              che non si sentiva bene.
                 Fuori la gente correva a scambiarsi la notizia.





                 Eccolo lì, l'obelisco rosso sul piccolo piedistallo bianco. Le bandiere.
              23  maggio  1992.  Grazie,  Falcone.  Grazie,  colleghi.  Qualcuno  ha
              deposto  dei  fiori,  spuntano  dal  guardrail  come  se  sbucassero  dalle

              lamiere  delle  auto  saltate  in  aria.  E  come  sempre,  come  tutti  quando
              passano da qui, mi accorgo di aver rallentato. Pochi secondi. Sempre la
              stessa sensazione.

                 Quell'attentato la mafia lo ha fatto dentro ognuno di noi.

                 Chi è stato a ucciderlo? La mafia? Lo Stato? Pezzi della mafia e pezzi
              dello Stato? Italiani o stranieri? È un segreto. Perché quello che conta in
              Sicilia, e forse in tutto il mondo, è solo una cosa: i segreti. Custodirli è

              un'arte  e  la  massima  aspirazione  dei  boss.  Loro  sanno.  E  chi  deve
              sapere  sa  che  loro  sanno.  Chi  non  lo  deve  sapere  sospetta.  Questo
              conta: ciò che sai e ciò che non sai, non contano i soldi o i terreni o le

              macchine. Chi conosci ti classifica come un signor nessuno o come uno
              da rispettare. Perché i segreti non se ne stanno lì e basta. Sono come
              esseri viventi. Col tempo si gonfiano e crescono. I segreti si accoppiano
              e  a  volte  si  sposano  e  generano  altri  segreti.  Divorziano,  anche.  Si

              combattono, si uccidono, si alleano.

                 Il punto è che in Sicilia non esiste la verità. Quella è roba da filosofi.
              Una verità vale l'altra. Ci sono i segreti e basta. Solo quelli sono veri.
              Da noi non c'è nessuno che cerca la verità. Neanche io l'ho mai cercata,
              io cerco i segreti, l'unica cosa che conta.

                 La  strage  di  Capaci  ha  segnato  il  vero  passaggio  tra  la  Prima  e  la

              Seconda  repubblica.  In  quel  momento  venne  fuori  il  vero  problema
              dell'Italia. Non la mafia contro lo Stato, ma lo Stato contro se stesso.
              Quell'esplosione  sull'autostrada  fu  come  una  potentissima  scarica  di
              raggi X che per un istante mostrò a tutti la radiografia del Paese. Per la

              prima  volta  si  poteva  vedere  come  era  fatta  dentro  l'Italia.  Era  un
              poltiglia di organi, ossa e pelle. Non c'era un corpo riconoscibile, non
              c'era una forma, non c'era un senso. Mani spaiate, piedi di intestino e

              braccia fatte con orecchie e occhi. E ogni parte contro l'altra. La mano
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