Page 40 - Sbirritudine
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Grazie a Nardo, avevo l'indirizzo della casa in cui si nascondevano i
              due latitanti. Non potevo non fare almeno un controllo.

                 Mi  rivolsi  a  Maccarrone,  l'ispettore  responsabile  della  Polizia
              giudiziaria. Su di lui non avevo trovato nulla di sporco. Molti arresti,

              pochi articoli sui giornali, una carriera lenta.
                 Gli spiegai che un confidente mi aveva dato quella imbeccata. «Meno

              scrùscio facciamo e più questo arresto va liscio come l'olio.» Così mi
              disse. E chi voleva fare rumore? Io volevo solo beccare quei due. Mi
              diede appuntamento per la sera.

                 Ore ventidue. In commissariato non c'era quasi nessuno. Maccarrone
              parcheggiò nel piazzale antistante e scese. Aveva un'espressione sempre

              incazzata  e  un  tic  che  lo  assillava:  doveva  toccarsi  l'orecchio  destro
              prima con la mano destra e poi con la sinistra, continuamente. Lo vidi
              dirigersi  verso  l'unica  auto  civetta  che  avevamo  in  dotazione.  Pensai

              che fosse pazzo: tutti a Prezia conoscevano quella macchina. Era come
              andare in giro per il paese a sirene spiegate. Aprì la portiera e salì a
              bordo,  ma  ne  uscì  un  istante  dopo. Venne  verso  di  me  e  mi  porse  il

              binocolo  a  infrarossi.  Mi  ero  sbagliato,  era  solo  un  tipo  meticoloso.
              Indicò l'auto con cui era venuto e precisò che era di suo cognato. Poi ci
              raggiunsero  Mattone  e  Bifi,  detti  “Cric  e  Croc”.  Stavano  sempre
              insieme, quarant'anni di carriera in due. Se gli chiedevi della mafia ti

              dicevano che a Prezia non esisteva: non erano conniventi, ma solo due
              minchioni. Quella sera servivano solo a fare numero.

                 Maccarrone guidò fino alla periferia del paese, dove imboccammo la
              statale e bordeggiando i vigneti giungemmo in vista di alcuni casolari
              immersi  nelle  campagne.  Lasciammo  l'auto  dietro  una  baracca  di

              lamiere per appostarci al riparo di un muro di pietre. Con il binocolo
              potevo tenere sotto controllo la villetta. Erano le undici di sera. Le luci
              erano spente. I due latitanti dormivano già. L'ispettore ci spiegò la sua

              idea: dividerci in due squadre, tagliare attraverso i campi e dai lati della
              casa convergere davanti all'ingresso.

                 Non ero convinto del piano. Feci notare a Maccarrone che se c'era
              un'uscita sul retro quelli ci sarebbero scappati di sicuro. Mi rispose che
              non esisteva alcuna uscita sul retro, volevo insegnargli il mestiere? Io

              mi zittii. Cric e Croc ridacchiarono. Ma come faceva a saperlo? C'era
              già stato? Aveva controllato la mappa catastale? E quando? Non c'era
              stato il tempo. Era passato di lì il pomeriggio a dare un'occhiata? Se era
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