Page 38 - Sbirritudine
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spizzicarle.
Lì dentro ci ho dormito, mangiato, litigato, pensato, sperato e lottato.
Per troppi anni.
Dopo il trasferimento di Petruso, il poliziotto perfetto, per premiarmi
mi misero a fare il piantone.
A me.
Non dissi nulla, però. Erano convinti che demansionandomi non avrei
più scassato la minchia. Errore. Da piantone potevo controllare entrate
e uscite di tutti, chi veniva a trovarli, chi li chiamava al telefono, chi si
faceva arrivare la spesa in commissariato e chi si segnava ore di
straordinario appena tornato da una battuta di caccia con tre conigli che
sbandierava ai colleghi. Avevo già accumulato abbastanza materiale
compromettente su chiunque là dentro, compreso il dirigente Scimò, ma
così completai il quadro. E quando si accorsero che, invece delle
fesserie che mi chiedevano di scrivere sui registri, io scrivevo solo la
verità, mi dovettero per forza riassegnare all'attività investigativa. Io
sono strurùso, trovo sempre il modo di rompere i coglioni al mio
prossimo. Tornai sulle strade. Battevo qualunque pista e feci pure
qualche arresto, ma roba spicciola, perlopiù spacciatori. Mi resi subito
conto che non potevo continuare in quel modo, solo contro tutti.
Dovevo avere una mia squadra. Gente di cui potermi fidare ciecamente.
Uomini che avessero voglia di fare davvero i poliziotti.
Mi scervellai per farmi venire in mente dei nomi da contattare. Il
primo fu Renzo. Basso, sicchìgno, anonimo. A prima vista, una nèglia.
Una volta lo vidi litigare per strada con uno due volte e mezzo più
grosso di lui. Lo massacrò. Era una specie di bomba a mano: piccola,
ma capace di fare danni enormi. Al telefono mi raccontò che era in un
commissariato di periferia, praticamente nella mia stessa situazione, coi
colleghi che si facevano i cazzi loro e non volevano rotta la minchia.
Disse che non ne poteva più di lavorare in quel modo, anzi, di non
lavorare. Gli spiegai la mia idea: riunire a Prezia, ma senza fare capire
niente a nessuno, un gruppo di ragazzi che volessero poliziottare sul
serio. Quasi si metteva a piangere. Chiese il trasferimento il pomeriggio
stesso.
Mentre attendevo il suo arrivo, un giorno fui fermato da Nardo