Page 33 - Sbirritudine
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per una manifestazione ufficiale. Era il prototipo dello sbirro perfetto.
Accanto a lui tutti sembravamo degli scarti. Petruso era fatto per stare a
Palermo, o meglio a Roma. Che cazzo ci facesse a Prezia non riuscivo a
capirlo.
Facemmo accostare il tipo della Panda. Quello scese dalla macchina.
Aveva la faccia come la creta, era l'opera di uno scultore maniacale che
gli aveva inciso milioni di finissime rughe. Gli chiesi patente e libretto.
Il mio collega ne approfittò per accendersi una sigaretta.
«Lo conosco» mi fece. «È Benedetto Laudicina, un contadino, amunì
al commissariato che mi sono rotto la minchia.»
Dall'auto proveniva un fetore inconfondibile, acre, che non la
smetteva di scavarmi nelle narici. Io guardai Petruso, gli sorrisi e chiesi
al Laudicina di aprire il portabagagli. Dentro c'era un quintalata di
fogliame che puzzava come una puttana a fine serata. Era marijuana. Il
collega la guardò indifferente. «Che minchia è?» chiese al Laudicina.
E quello, tranquillo, rispose: «Foglie di carciofi».
Petruso mi sorrise e mi disse: «Gli vuoi fare la contravvenzione per
commercio illegale di Cynar?».
Io afferrai per il collo il contadino e lo strantuliai contro la macchina.
Petruso provò a fermarmi e io gli detti distrattamente un calcio negli
stinchi che lo fece cadere a terra bestemmiando. Fissai Laudicina negli
occhi. Era terrorizzato. Aveva capito che la sua serata era finita, insieme
alle prossime cinquecento almeno.
Petruso si rimise in piedi, mi afferrò per le spalle e mi tirò via dal
contadino. «T'ho detto di lasciarlo andare» mi urlò.
Io presi le manette e sbattendomene la minchia ammanettai
Laudicina. Petruso mi guardava inerme. In commissariato litigammo.
Questionava su tutto. Arresto irregolare, intimidazione, sopruso. A un
certo punto afferrai una manciata di “foglie di carciofi” e gliela ficcai
nella bocca.
«Testa di minchia» gli gridai, «mangiati i carciofi e cambia mestiere,
prima di continuare a parlare!»
Quella sera avevo una rabbia in corpo che non se ne voleva andare
via. Passeggiavo nella piazza e vidi Nardo Pomodoro. Lo chiamavano
così perché aveva la testa come quella di un pomodoro San Marzano,
stretta, lunga e sempre rossa. Era un piccolo ladruncolo. Tirava su