Page 43 - Sbirritudine
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faretto la notte.

                 Prima di arrivarci senti quella fitta, perché lo sai che sta per spuntare
              davanti a te. E pensi a quello che hanno fatto. Pensi al magistrato, a sua
              moglie e ai tre uomini della scorta che sono morti. Pensi a dove eri e

              con chi quando hai saputo. E pensi che non è giusto, oppure se sei uno
              di loro che è giusto, oppure che è uno schifo, o magari che ti va bene
              così.  In  ogni  caso,  pensi.  E  questo  secondo  me  non  l'avevano

              considerato. Hanno fatto male i conti. Perché ogni volta ti costringono a
              pensare a loro. E la mafia non vuole che tu la veda. Vuole che la gente
              in Sicilia dica come a Milano o a Torino o a Roma che la mafia non
              esiste. Ma qui la gente non lo può dire più. Perché il monumento è lì.

              Eccolo, minchia. Mi si gira lo stomaco.




                 Io  quel  giorno  ero  con  mia  moglie.  Era  un  periodo  calmo,
              stranamente. Ci eravamo fatti una litigata di quelle serie la settimana

              prima,  ma  in  quel  momento  eravamo  vicini.  Sedevamo  al  bar. Anna
              sorrideva.  Aveva  i  capelli  tagliati  corti.  Voleva  cambiare,  mi  aveva
              confessato  prima  di  andare  dal  parrucchiere.  Le  stavano  bene,

              gliel'avevo  pure  detto  e  lei  era  stata  felice.  Io  non  capivo  perché  si
              sorprendesse: per me è sempre stata bellissima. Mi rimproverò che non
              glielo dicevo mai.

                 Provavo calma. La guardavo. Il sole perforava le vetrate del locale e
              ci abbagliava. Era pieno di gente ma era come se fossimo da soli. Non

              riuscivo a staccarle gli occhi di dosso. Avrei voluto baciarla, sollevarla
              e portarla via e fuggire con lei, lontano.

                 Stavo  per  dirglielo  e  poi  entrò  qualcuno  e  gridò:  «Ammazzàru  a
              Falcone, 'u fìciru satàre 'nta'll'aria!».

                 Sentii i bicchieri tintinnare.

                 Mi voltai.
                 Brindavano.  La  gente  brindava.  Ridevano.  Si  davano  pacche  sulle

              spalle.

                 Mia  moglie non sorrideva più, aveva gli occhi pieni di lacrime. Li
              guardai dritti in faccia. Erano in tre. Sapevano chi ero. Ridevano.

                 Vedevo  tutto  rosso.  Tutto  rosso  e  ferro.  Sapevo  che  stavo  per
              ammazzarli,  già  mi  vedevo  mentre  lo  facevo:  con  una  bottiglia  rotta
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