Page 295 - Sbirritudine
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lasciarono.  Camminai  lungo  il  molo,  lo  percorsi  fino  alla  fine.  Non
              sentivo più il vociare della gente, davo loro le spalle. Davanti a me c'era

              di nuovo il mare; sembrava così calmo. In quella parte di mondo era
              ancora come se Spada non fosse morto. Tutto era di nuovo a posto, lui
              sarebbe riemerso proprio davanti a me, e avremmo riso di quella storia.

                 Minchia,  pensai. Tornai  indietro,  corsi  verso  Spada  e  gli  afferrai  il
              polso.  Aveva  quell'enorme  orologio  elettronico  di  cui  andava  fiero,

              quello che indicava tutto di tutto, come gli dicevo per prenderlo in giro.
              E l'orologio segnava il tempo dell'immersione: due ore.

                 «Da quanto l'hanno trovato?» urlai.
                 Un  collega  in  divisa,  quello  che  avevo  colpito,  si  chinò  su  di  me.

              «Un'ora» disse.
                 Se l'orologio segnava due ore di immersione significava che era stato

              sotto almeno un'ora, e che doveva essere morto in quel lasso di tempo.
              Afferrai il manometro agganciato alla bombola. «È piena» mormorai.
              La  bombola  era  piena.  Non  era  quella  che  aveva  usato,  quella  non

              poteva essere piena: significava che era morto appena si era immerso, e
              Spada era un bravo sub. Controllai la testa. Non c'erano tagli o fratture.
              Se era morto era perché qualcuno gli aveva sabotato le bombole.

                 Vidi  un  capitano  dei  Carabinieri.  «Questa  è  piena!»  urlai.  «Non  è
              questa la bombola che ha usato.»

                 «Di che sta parlando?» mi chiese.

                 «Guardi l'orologio che ha al polso. Non è possibile!»

                 «Verificheremo» disse il capitano. Un poliziotto prese la bombola e
              sparì tra la folla.

                 «Dove la portate?» gridai.

                 «Si calmi» mi intimò il capitano.
                 Mi alzai in piedi. «Ma che cazzo dici, stronzo?» urlai. Non la finivo

              più di gridare. Mi trascinarono via a forza.

                 L'autopsia stabilì che Spada era morto per un'embolia. La bombola
              che il poliziotto aveva portato via dal  molo non venne  mai ritrovata.
              Quel giorno avevano voluto regolare i conti con noi, con me e con lui,
              per  quello  che  avevamo  fatto.  Dovevamo  pagare,  avevamo  pestato

              troppi piedi, di uomini d'onore e galantuomini. Ma c'era una differenza
              tra me e Spada: io potevo morire sparato. Avevo molti nemici, in tanti
              mi  volevano  morto.  Ma  Spada  no:  la  sua  morte  doveva  sembrare  un
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