Page 290 - Sbirritudine
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cinque iniziarono ad arrivare i primi giornalisti, il piantone non sapeva
              più come gestire la faccenda. Alle sei il casino era totale. Io me ne stavo

              asserragliato  nella  stanza  con  il  boss.  Bellingeri  era  ancora  intontito,
              non  si  rendeva  bene  conto.  Si  stava  chiedendo  come  mai  ci  fossimo
              solo  noi  due,  un  solo  poliziotto  per  uno  come  lui.  Ma  non  cercò  di
              comunicare con me, forse per lui ero un'incognita inspiegabile.

                 Alle  sette  l'assedio  al  commissariato  era  diventato  insostenibile.

              C'erano  auto  dappertutto,  le  televisioni,  le  radio.  Il  boss  Sciacca,
              catturato dalla Patania e da Mistretta, era latitante da trent'anni ma non
              contava  più  molto  in  Cosa  Nostra.  Bellingeri,  invece,  era  un  capo  in
              ascesa, uno che stava ammazzando senza controllo.

                 I giornalisti tormentavano il piantone: «Dov'è il boss?», «Dove sono i

              suoi colleghi?». E più il piantone si giustificava, dicendo che il boss era
              in stanza con il poliziotto che lo aveva arrestato, meno i giornalisti gli
              credevano. Erano abituati a vedere decine di volanti sgommare a sirene
              spiegate,  a  sentire  il  tuonare  degli  elicotteri  che  volteggiavano

              trasportando i boss da un punto all'altro della città. Si aspettavano di
              assistere al solito spettacolo di fuochi d'artificio con divise inamidate e
              presentazioni al computer.

                 Il dirigente arrivò alle sette e trenta. Superò l'assedio di giornalisti e il
              muro di telecamere e macchine fotografiche. E bussò alla mia stanza.

                 «Sono Mistretta. Apri!» Era incazzato.

                 Mi  alzai  e  gli  andai  ad  aprire.  Quando  entrò,  richiusi  la  porta  a
              chiave.

                 «Mi  vuoi  dire  che  cazzo  sta  succede…»  Non  finì  la  frase:  vide
              Bellingeri ammanettato e attaccato al termosifone e si zittì. Rimase a

              fissarlo. Il boss mosse qualche muscolo della faccia, o forse fu solo una
              mia impressione. Mistretta si voltò verso di me: «Ma che hai fatto?».

                 Non era più incazzato, no. Era spaventato.

                 «Dottore, ho avuto una soffiata da una mia fonte. Ho agito d'istinto.
              Ma ci tengo a dirle che un po' del merito di questa cattura va anche a
              lei.» Gli ripetei le sue parole, pare pare.

                 Mi  venne  addosso.  «Come  ti  permetti?»  urlò.  «Ti  pare  che  io  mi
              scànto? Tu sei un coglione, io t'ammazzo!»

                 Stava per colpirmi con un pugno, ma lo bloccai con una mano e lo
              spinsi indietro.
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