Page 285 - Sbirritudine
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salita a ridosso della montagna. C'erano delle villette in costruzione, lì,
              che  facevano  parte  di  un  residence:  lo  ricordavo  bene  dalle  piantine

              della zona che mi ero studiato. Mi fermai. Non potevo più seguirlo con
              l'auto.  Mi  infilai  in  un  boschetto  di  pini,  sulla  sinistra,  poi  scesi  e
              raggiunsi la stradina. Da lì, la mia auto non si vedeva.

                 Iniziai a correre, cercando di tenermi a ridosso dei muri delle villette.
              Notai che anche l'auto di Piscitello si era fermata. Puntai il binocolo,

              ma non si vedeva molto. Continuavo ad avanzare, e a un certo punto fui
              costretto a fermarmi perché sentivo che il cuore, il fegato, lo stomaco e
              i  polmoni  mi  stavano  scoppiando.  Puntai  ancora  il  binocolo:  la  luce
              della  luna  illuminava  l'auto  di  Piscitello  e  il  gruppo  di  villette  in

              costruzione, ma di lui non c'era traccia. Arrivai in vista della macchina,
              all'interno del muro che circondava il residence. Il cancello di ingresso
              era chiuso. Ma dov'era Piscitello? Trovai un punto in cui nascondermi

              all'esterno,  dietro  un  masso  che  sporgeva  dalla  montagna:  lo  avrei
              aspettato lì. Non perdevo d'occhio le villette: erano una ventina, molto
              distanziate tra loro, con del terreno intorno e delle piscine. Avevano i
              tetti spioventi e lastre di pietra applicate sui muri esterni, ma i lavori

              non erano ancora finiti. Si dominava Camico, da lì. Si vedeva Prezia e
              oltre, fino al mare, anche Bonifacio e Cardillo erano visibili. Per il boss
              quello era un punto perfetto per controllare tutti i suoi domini.

                 Sentii  una  porta  aprirsi  e  puntai  il  binocolo:  era  Piscitello.  Venne
              fuori  da  una  delle  villette  più  lontane,  si  accese  una  sigaretta  e  si

              incamminò verso la sua auto. Trattenevo il fiato. Diventai un tutt'uno
              con la roccia che mi nascondeva, immobile. Non avevo più fretta, non
              c'era più tensione. Se Piscitello aveva guidato fin lì per starci un quarto

              d'ora e poi andarsene, significava che era venuto a trovare qualcuno. A
              riferire a qualcuno. In quella villetta c'era Bellingeri.

                 Ormai  niente  aveva  più  importanza.  Piscitello  poteva  restare  lì  a
              fumarsi  cento  pacchetti  di  sigarette,  Mistretta  e  la  Patania  potevano
              incontrare chi minchia volevano. A me non me ne fregava niente: io ero

              lì, e Bellingeri pure. L'attesa e la pazienza facevano parte della vita del
              latitante, e questo eravamo, io e Bellingeri: due latitanti.

                 Piscitello  gettò  il  mozzicone  a  terra  e  salì  in  macchina.  Superò  il
              cancello del residence, scese dall'auto per richiuderlo, montò a bordo e
              se  ne  andò.  Guardai  la  sua  auto  ridiscendere  fino  alla  statale,  in

              direzione di Palermo.  Inviai un SMS a  Spada indicandogli la targa e
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