Page 288 - Sbirritudine
P. 288
non c'era nessun rumore, nessun movimento. Avrei aperto le porte una a
una. Voleva essere preso così? Voleva un conflitto a fuoco? Io ero
pronto, lo avrei stanato. L'occhio mi si posò su un punto lontano. Un
riflesso, oltre il residence. Qualcosa appeso al fianco della montagna.
Era un baracca fatta di lamiere. Qualcuno, un uomo, aveva aperto la
porta di ferro e si guardava intorno, sotto la luna. Il citofono nella
villetta era collegato a quella baracca fuori dal residence. Era lui. Era
Bellingeri. Se è uscito significa che ha avuto paura, pensavo. Ma era
come se le parole prendessero il largo nella mia mente e io le vedessi
allontanarsi da me.
Non ricordavo di avere iniziato a farlo, ma stavo correndo. Era
naturale che corressi: non avevo fatto altro nella mia vita. Correvo
verso la baracca, verso Bellingeri. E la mia testa si svuotava sempre di
più. Correvo. Disperazione, stomaco. Paura, fegato. Stanchezza, gambe.
Forza, pistola. Rabbia. Poi più niente. Solo il sangue: nella testa, nelle
braccia, nelle gambe. Bum. Bum. Bum. Ero un unico cuore.
Lui era lì, mi vide. Si aspettava decine di auto della Polizia, e invece
c'ero solo io. Temeva un assalto di uomini d'onore, e invece c'ero solo
io, a piedi. Uno sbirro che correva verso di lui. Era incredulo. Mi
vedeva avvicinarmi e saltare il muro di cinta della parte retrostante del
residence. Bellingeri indietreggiava al rallentatore, non sapeva che fare.
Io sì. Ero istinto puro: la fame, la caccia, la preda.
Il battito che sentivo in tutto il corpo si zittì, e ricominciai a percepire
i rumori. Sentivo tutto: lì un grillo, là un gufo, più oltre una rana e un
cane. Le auto che passavano sull'autostrada. Gente che rideva a
chilometri di distanza. Sentivo ogni cosa, anche quello che provava
Bellingeri. Rabbia. Sorpresa. Indecisione. Stupore. E poi paura. Paura e
basta: gli era rimasta solo quella. Era diventato preda, la mia preda.
Gli ultimi passi, un salto. Gli ero addosso. Come un cane randagio
affamato e disperato. Lo afferrai alla gola con una mano e con l'altra gli
puntai contro la pistola. In faccia, tra gli occhi. Premevo forte la canna.
Non dovevo dire niente, non serviva. Avevo vinto. La mia preda aveva
perso. La caccia era finita.
49