Page 283 - Sbirritudine
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Ora eravamo soli. Io e lui.
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Non posso fermarmi, un paio d'ore e mi chiameranno. Mi lascio il
porto di Marsala alle spalle, abbasso il finestrino e respiro. Poi Trapani:
il monte Erice, le saline, la mafia e le logge.
Lascio la statale e imbocco l'autostrada. Verso Bonifacio.
Piscitello viaggiava sulla provinciale e io mi tenevo a distanza. I fari
della sua auto mi guidavano come una torcia in un sotterraneo.
Conoscevo a memoria quella strada, ma avanzare a fari spenti mi stava
sfinendo. Cercavo di cogliere ogni brandello di luce dai lampioni,
dall'illuminazione delle case, dalla luna: ma era comunque come
guidare alla cieca. Istintivamente iniziai a rallentare e persi terreno
rispetto a Piscitello. Dove stava andando? Andava a casa, a Prezia? O
dal suo boss? Era una follia. Me ne stavo rendendo conto solo ora:
perché sarebbe dovuto andare da Bellingeri? Dove si era nascosto fino a
quel momento, Piscitello? Era davvero andato al Nord per proteggere
l'amante del boss o era rimasto a Prezia, rifugiandosi in una casa
sicura? Capii che non avrei preso il boss quella sera, forse non l'avrei
preso mai. Ma mi bastava Piscitello: era già qualcosa, il massimo che
potessi sperare di fare da solo.
Sapevo che Spada era posteggiato in autostrada, sulla corsia
d'emergenza, all'altezza di Cardillo. La Grua aveva detto che le armi
sarebbero state trasportate fino a Enna. Forse era lì che il boss avrebbe
scatenato la fase successiva della sua guerra. Spada avrebbe aspettato il
passaggio del camion e poi sarebbe partito all'inseguimento. Mi chiamò
dopo una decina di minuti: «Ce l'ho».
«Hai visto che c'è un'auto di scorta?»
«Sì, tranquillo» mi rassicurò.
Mentre io cercavo di star dietro a Piscitello, Spada avrebbe seguito il