Page 27 - Sbirritudine
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Capii che per poliziottare come si deve e fare il mio lavoro dovevo
prima bonificare il commissariato. Dovevo diventare un poliziotto dei
poliziotti. Era necessario mettere in piedi un mio servizio. Dopo
Palermo avevo già realizzato che non tutti lavorano per lo stesso Stato.
Avevo bisogno di una squadra che almeno stesse tutta da una parte. E
me la dovevo scegliere io. Solo così potevo combattere le famiglie. Con
una mia famiglia.
Stanotte, invece, sono di nuovo da solo.
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Le lampare sono a pesca. Sembrano palline luminose di un
pallottoliere. Tra qualche ora mi chiameranno a casa. Sì o no? Se le
lampare sono pari sì, altrimenti no. Le lampare sono tredici. Dico no?
Ho sempre pensato che gli sbirri veri sono come quei pescatori sulle
lampare. Una vita dura, orari impossibili, la morte sempre vicino, mezzi
scarsi, la gente che ti guarda da lontano, i compagni come unici amici.
Inspiro. Penso a mio padre. Espiro. Torno alla macchina. Ho sete.
Accendo e parto. Guido piano. È tutto chiuso. Forse è meglio tornare
a casa. Arrivo invece all'ingresso di un altro paese, Cardillo. Cardillo è
peggio di Bonifacio, che è peggio di Prezia. Cardillo è senza speranza.
Pure i preti sono mafiosi, prima di essere cristiani. A Cardillo non
servono le vedette alle pompe di benzina dislocate intorno al paese, che
fanno la guardia notte e giorno e segnalano le targhe delle macchine in
entrata. No, perché i muri di Cardillo sono mafiosi, come le strade, i
negozi, le aiuole, qualunque cosa. Per chi viene da fuori sembra di stare
in Trentino: tutto è ordinato, pulito, nuovo. Non ci sono scritte sui muri
né auto in doppia fila, le case sono belle e la gente è pure cordiale.
Funziona tutto a Cardillo.