Page 269 - Sbirritudine
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credere di averci in pugno. Non potevo commettere errori.

                 Tornai in commissariato e dormii in archivio. Tutto uguale, nessuna
              variazione. L'indomani aspettai il momento giusto, quando io e Spada
              restammo  soli  nella  stanza.  Scrissi  su  un  biglietto  che  dovevamo

              vederci a Palermo, che lui poteva andare con la sua auto e io mi sarei
              mosso con quella del cugino di Cripto. Poi strappai il biglietto e me lo
              misi  in  tasca:  ero  convinto  che  anche  la  nostra  stanza  fosse  piena  di

              cimici.
                 Avvertii  Cripto  con  un  SMS  chiedendogli  di  portare  l'auto  a

              Bonifacio e di lasciarla posteggiata vicino a casa mia. La sera presi la
              mia macchina dal parcheggio del commissariato e tornai a casa. Dopo
              aver  posteggiato,  recuperai  l'utilitaria  del  cugino  di  Cripto.  Mentre  i

              colleghi titolari mi credevano nel mio appartamento, io guidavo fino a
              Palermo.

                 Con  Spada  ci  vedemmo  al  porto.  Gli  raccontai  dell'incontro  a  cui
              avevo assistito tra la Patania, Mistretta, Calafiore, Rizzitelli, Patalèo e il
              boss Sciacca. Gli riferii anche delle minacce che avevo subito. Lui era

              sconcertato.
                 «Avrei  fatto  meglio  a  non  tornare  qui»  disse.  «Ti  rendi  conto  di

              troppe  cose,  qui  in  Sicilia.  E  una  volta  che  hai  aperto  gli  occhi  è
              impossibile provare a richiuderli.»

                 Spalancare lo sguardo sul buio fa questo effetto, lo sapevo bene. Gli
              risposi che avremmo dovuto proteggere i nostri cari: mia moglie e mio
              figlio, la sua ragazza. Dovevamo farli andare via da Roma, a casa di

              persone fidate.
                 «Per quanto tempo?» mi chiese.

                 «Non  lo  so.  Almeno  fino  a  quando  non  metteremo  le  mani  su
              Piscitello. Poi vedremo. Ma lo dobbiamo fare al momento giusto.»

                 «Hai ragione.»

                 Il giorno dopo un'amica di Spada  avvicinò  mia  moglie a Roma, le
              diede il suo cellulare e io la chiamai con quello sicuro che usavo con

              Spada  e  Cripto.  Le  spiegai  che  avrebbe  dovuto  comprare  un  nuovo
              telefono, e che lo doveva tenere sempre acceso.

                 «Perché» mi chiese, «che sta succedendo?»

                 Le dissi che doveva lasciare Roma, presto qualcuno sarebbe andato a
              prendere lei e il bambino. Pensava che saremmo tornati insieme e ora io
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