Page 267 - Sbirritudine
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«Ci vediamo al solito posto?» mi chiese prima di uscire.
Feci cenno di no. «Che hai?» mi domandò ancora.
«Niente. Ci vediamo domani.»
Mentre se ne andava, continuavo a vedermi davanti la scena della
Patania e del boss e degli altri. Non riuscivo a togliermeli dalla testa.
Mistretta era rientrato e aveva fatto una riunione con i suoi uomini.
Poi erano usciti, lasciandomi solo in commissariato. Non mangiavo
niente dalla mattina, ma non avevo fame. Uscii anch'io, avevo bisogno
di sentire il vento e dovevo vedere il mare. Arrivai a piedi alla spiaggia.
«Dove sei stato oggi?» Mi voltai. Era uno dei colleghi titolari, uno
degli uomini di Mistretta. Quarant'anni, sicuro di sé, non aveva accento.
«Allora, dove sei stato oggi?» mi domandò di nuovo.
«A lavorare» dissi.
«Davvero? Ti do un consiglio: lascia lavorare noi adesso.»
Non era sicuro che avessi visto l'incontro del suo capo con il boss, ma
sospettava che sapessi. Lui e i suoi colleghi avevano capito che Spada e
Cripto erano stati un diversivo, ma non avevano potuto rimandare
l'incontro con il boss: chissà da quanto era in programma, quel vertice.
«Lo sai che siamo dalla stessa parte, vero?» disse lui.
La prima volta che l'avevo visto l'avevo preso per un gregario, ma mi
ero sbagliato: era lui che comandava gli altri colleghi, era il secondo
dopo Mistretta.
Lo guardai negli occhi. Ma voi per chi lavorate?, avevo voglia di
chiedergli. Ma voi come fate a dormire, quando tornate a casa?
«Stiamo dalla stessa parte» ripeté lui.
«Solo perché siamo entrambi poliziotti?»
«No, perché siamo entrambi onesti, e perché vogliamo la stessa
cosa.»
«E cosa?»
«Vogliamo risolvere un problema.»
La mafia era un problema? Da quello che avevo visto finora,
sembrava più che la mafia fosse la soluzione, per lui e Mistretta. Non
risposi, guardavo il mare. Chi lo aveva mandato? La Patania? No,
troppo orgogliosa.