Page 266 - Sbirritudine
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camion che si avvicinava, avviai in fretta il motore coperto dal rombo
del tir. Lentamente raggiunsi la strada e girai a sinistra. Era la direzione
sbagliata, ma ero confuso: ce li avevo ancora davanti agli occhi. La
Patania che si gustava la coppetta gelato, Rizzitelli e Patalèo, il boss,
Calafiore, Mistretta. Io li vedevo. E, attraverso di loro, vedevo un'altra
cosa. Quella cosa. Quella cosa che era dentro ogni uomo mafioso e
dentro ogni uomo dello Stato, nelle madri che lo passavano ai figli e nei
padri che glielo insegnavano. Quella cosa che ci legava, che ci univa,
che ci rendeva tutti uguali, tutti colpevoli e tutti innocenti. Quella cosa
che ci scorreva nelle vene, che era nel mare che ci circondava e nel sole
che ci bagnava.
Avevo visto quella cosa. Avevo visto che non c'erano pupari, perché
non c'erano pupi da manovrare. Eravamo tutti colpevoli. I giudici, i
politici, i poliziotti, la gente. Avevo visto che non c'era nessuno che
decideva per noi, perché decidevamo da soli ogni giorno. Ecco perché
la mafia non poteva essere vinta: perché nessuno comandava.
Facevamo finta che ci fosse qualcuno a farlo. Ma non era vero.
Eravamo noi stessi il problema. Perché eravamo vigliacchi. Perché così
nessuno era colpevole. Mezze parole, mezzi discorsi, mezze occhiate.
Si moriva anche di questo, si viveva di questo. Si uccideva, si
mangiava, si sparava. Si lavorava, si rubava, si nascondeva per questo.
Si cresceva, si sperava, si approfittava di questo. Ma nessuno vedeva,
nessuno sentiva e nessuno parlava. Tutti muti. Tutti vigliacchi.
Colpevoli, paurosi, incapaci, minchie, nèglie, merda, schifo, scànto. Da
nord a sud, da est a ovest: ogni italiano. I figli, i padri, le madri, i vivi e
i morti. Avevo visto che eravamo tutti quella cosa. Quella cosa loro era
anche Cosa Nostra.
Riuscii a fatica a trovare l'entrata per l'autostrada. Mi sentivo male,
volevo piangere e vomitare e picchiare e scappare. Lasciai la macchina
del cugino di Cripto sul lungomare e raggiunsi a piedi il commissariato.
Non sapevo dove altro andare, era la mia Chiesa e la mia dannazione. Il
piantone mi salutò: «Ti hanno cercato tutti». Poi vidi i colleghi, i titolari
al servizio di Mistretta. Chi erano, in definitiva? I cattivi o i buoni? E
io? Cos'ero, io?
Uno di loro mi domandò qualcosa, ma non lo sentii. Tirai dritto nella
stanza dell'investigativa, dove trovai Cripto e Spada. Mi aggrappai alla
mia sedia e rimasi in silenzio. Spada mi fece un cenno, ma non risposi.
Rimasi zitto per il resto della giornata.