Page 261 - Sbirritudine
P. 261

commissariato ventiquattr'ore su ventiquattro: avranno paura che io mi
              metta a girare per gli uffici. Me ne starò tre settimane lì. Inchiodato.»

                 «Buona idea» commentò Spada.

                 «Poi ci serve una macchina pulita, senza cimici e GPS.»

                 «C'è quella di mio cugino» disse Cripto, «un'utilitaria.»
                 «Benissimo, la terremo posteggiata vicino al commissariato, così se

              servirà seguire qualcuno dei colleghi potremo farlo in sicurezza. Ultima
              cosa: non dobbiamo più parlare di niente al telefono. Dobbiamo cercare
              di  non  cambiare  troppo  le  abitudini,  ma  da  stasera  eviteremo  di  dire

              dove andiamo, chi vediamo e cosa facciamo.»
                 «Come fanno i mafiosi» disse Spada.

                 «Come fanno i mafiosi, esatto.»

                 L'indomani chiamai mia moglie. Ero sicuro che anche il suo telefono
              fosse intercettato. Le dissi che non stavo bene, che mi dispiaceva se non

              le avevo risposto ma ero stato male.
                 «Influenza?» mi chiese.

                 «No. Non te lo so descrivere… Ma non ce la faccio più a dormire a
              casa. Mi mancate.» Era un discorso senza capo né coda.

                 «Vuoi che torni?» disse lei.

                 «No, ho bisogno di stare per conto mio. Non è questione di lavoro,
              voglio soltanto stare un po' da solo. È tutto a posto tra noi, te lo giuro.»

              Lei era confusa e interdetta, ma che potevo fare. Mi stavano ascoltando,
              registravano la nostra conversazione, e volevo che pensassero che c'era
              un  motivo  se  tornavo  a  dormire  in  commissariato.  Volevo  che

              credessero che stavo male, che mi si era incasinata la testa.
                 I primi giorni furono difficili, i titolari non la smettevano di girarmi

              intorno.  La  notte  venivano  in  archivio  a  fare  casino  per  non  farmi
              dormire.  Si  scusavano  ogni  volta,  dicendo  che  avevano  del  lavoro
              urgente da fare. Fotocopie, ricerche di fascicoli, faldoni da rimettere a

              posto. Di solito erano in tre a tenermi d'occhio la sera. Con Spada e
              Cripto  ci  vedevamo  il  meno  possibile,  così  evitavamo  ogni  tipo  di
              discorsi.

                 Alla fine della settimana ci fu un arrivo inaspettato: Rosalia Patania.
              Entrò in commissariato come una regina. Io ero lì, barba sfatta, occhiaie

              scure. Lei, invece, pareva ringiovanita e mi guardava trionfante. Ma che
   256   257   258   259   260   261   262   263   264   265   266