Page 258 - Sbirritudine
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di  La  Grua?  Ci  stava  usando?  Voleva  farci  perdere  tre  settimane  di
              tempo? Era un'eternità, nella caccia a un latitante. Ma ormai noi non

              avevamo niente da perdere: il boss ci era già sfuggito una volta e forse
              era già sparito per sempre.

                 La sera, a fine turno, andavo a pattugliare le due zone in cui avevo
              individuato l'attività del cellulare di Bellingeri. Ma ogni volta che mi
              aggiravo  per  i  campi,  le  vigne,  i  frutteti,  mi  ritrovavo  da  solo,  alla

              ricerca di un fantasma.
                 Chiamai mia moglie e le dissi che volevo andare a trovarla, ma non

              potevo.
                 «Perché?» mi chiese.

                 «Lavoro. Sto chiudendo qui per ricominciare con te. Mi serve ancora
              tempo.»

                 Lei  aveva  finito  le  lacrime  e  fu  laconica.  «Vieni  qui  domani,  o  è

              finita.»
                 Stavolta non raccontai niente a Spada, sapevo cosa mi avrebbe detto.

              Fu  lui  a  venire  da  me  con  una  notizia.  Aveva  ricevuto  diverse
              telefonate: tutti quelli a cui aveva chiesto di essere ritrasferito a Prezia
              ora  lo  rivolevano  a  Roma.  Consigli,  pressioni,  minacce.  Doveva

              tornare,  a  Prezia  ormai  non  poteva  fare  più  niente.  Quindi  tutti
              sapevano quello che stava succedendo: eravamo stati esautorati. Dissi a
              Spada  quello  che  era  giusto:  doveva  andarsene,  era  giovane,  quella
              battaglia non era la sua. E forse ormai non era neanche più la mia. Gli

              dissi che per lui era arrivato il tempo di mettere la testa a posto, sposare
              la sua fidanzata e mettere su famiglia.

                 «In  fondo»  replicò,  «è  solo  la  parola  di  un  narcotrafficante  che
              sostiene che tra due settimane un tizio che lavora per il boss sarà da
              qualche parte e non è detto che ci porterà chissà dove.»

                 «Sembra  uno  scioglilingua»  commentai.  Scoppiammo  a  ridere.  Ma

              era finita: lui sarebbe tornato dalla sua fidanzata e io da mia moglie.
                 Poi,  però,  quel  pomeriggio  andai  al  bar  e  lo  vidi.  Vestito  di  tutto

              punto,  scarpe  lucide,  sciarpa  di  seta  e  sorriso  rilassato.  L'assessore
              Calafiore era uscito di galera. Mi vide e mi fece un cenno. Vaffanculo.
              Dopo scoprii che era in attesa del processo e che, nel frattempo, aveva

              fatto  il  salto  a  Roma:  non  era  più  l'assessore  Calafiore,  era  il
              sottosegretario  Calafiore.  Una  settimana  e  la  nomina  sarebbe  stata
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