Page 268 - Sbirritudine
P. 268
«Tu non capisci» continuò lui, «le cose sono più complicate di come
le vedi. Non hai il quadro d'insieme.» Parlava coma La Grua. Come un
narcotrafficante.
«Non so di cosa parli» risposi. «Non so chi ti manda, né che cosa
vuoi.»
«Ti chiedo solo di farci fare a modo nostro, smettila di rompere i
coglioni. Molto presto otterremo più risultati di quelli mai ottenuti
finora. Risultati che tu non potresti mai raggiungere.» Mi tese la mano.
«Non ci siamo capiti fino ad adesso» aggiunse, «ma presto vedrai e
capirai.»
Esaminai la sua mano liscia, unghie perfette, la fede al dito. Il bordo
del polsino della camicia che usciva di mezzo centimetro dalla giacca.
Sembrava la foto di una pubblicità. La stretta di mano perfetta di uno
sbirro modello. No, pensai, noi non siamo poliziotti allo stesso modo.
Vaffanculo. Io avevo visto. Io sapevo.
«So che tua moglie è a Roma da un'amica» disse ritirando la mano,
«insieme a tuo figlio. Lei a che mese è?»
Lo guardai. Dovevo essermi trasformato in faccia, perché vidi un
istante di paura nei suoi occhi. Un attimo, poi tornò a fare la parte del
collega amichevole e scafato.
«Tranquillo» fece, «te lo dico perché anch'io ho un figlio.» Mi sorrise
e se ne andò.
La Patania, il boss, Rizzitelli e le minacce alla mia famiglia. Ora
avevo chiaro tutto il fottutissimo quadro d'insieme.
46
Dovevo parlare con Spada, ma dopo le minacce del collega era ormai
chiaro che ogni nostro movimento era attentamente controllato.
Mancavano dieci giorni all'appuntamento con Piscitello e, forse, con
Bellingeri. Non potevo togliere le cimici e il GPS dalla mia auto,
perché avrebbero capito che li avevo stanati e mia moglie e io stesso
saremmo stati in pericolo. No, tutto doveva restare com'era, dovevano