Page 247 - Sbirritudine
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Corsi fuori dalla stanza, avevo pochissimo tempo. Mi infilai in
macchina e corsi fino a casa dei fratelli Morgagni. Due di loro erano
usciti di galera da un mese ed ero sicuro che, stupidi com'erano,
avessero già ripreso a modificare le scacciacani. Buttai quasi giù la
saracinesca del loro garage; il più piccolo venne fuori dal portone della
palazzina accanto, gli piombai addosso e lo obbligai ad aprire. Mentre
entravo nel garage lui balbettò qualcosa sul mandato di perquisizione,
ma io arraffai tutte le pistole modificate che c'erano, pure quelle non
finite, e le misi in un sacchetto di plastica. Poi tornai in macchina, presi
il cellulare e chiamai Spada.
«Vediamoci davanti a casa di Pino Tortorici!» urlai mentre guidavo.
Arrivammo contemporaneamente. Spada mi chiese cosa ci fosse nel
sacchetto, ma io non gli badai e mi attaccai al citofono finché Tortorici
non venne ad aprire. Lo spinsi da parte, facendolo finire a terra. Spada
provò a fermarmi, ma gli sfuggii. Corsi nella prima stanza sulla destra,
il salotto. Mi fiondai sul divano, sollevai i cuscini e ci infilai sotto il
sacchetto con le pistole. Pino Tortorici entrò nella stanza come una
furia: «Ma che minchia fai?» sbraitava. «Ti sei rincoglionito?»
Spada stava provando a tenerlo fermo, ma proprio a causa della sua
presenza Tortorici non poteva parlarmi chiaramente. Non poteva fare
capire che ci conoscevamo, Spada poteva essere uno sbirro venduto e
avrebbe potuto riferire tutto a Bellingeri. Contavo sul fatto che Pino,
pure se incazzato, avrebbe mantenuto il sangue freddo. Gli dissi di
calmarsi e gli indicai il divano. Presi il sacchetto e lo aprii. Gli mostrai
le pistole.
«E queste? Come le spieghi?» gridai. «Ti dichiaro in arresto!»
Spada era frastornato, Tortorici impietrito. Mi avvicinai a lui, lo feci
voltare e gli misi le manette. Arrivati in commissariato, chiamai il
giudice e gli dissi che a seguito di una soffiata, un pericoloso uomo
d'onore era stato trovato in possesso di numerose armi da fuoco: vista la
guerra di mafia in atto a Prezia, era necessario trasferirlo
immediatamente in galera. Tortorici era scatenato, rischiò di
distruggerci l'ufficio, ma alla fine riuscimmo a portarlo in carcere.
Quando il dirigente venne a sapere tutto, l'indomani, si incazzò con
me e Spada e minacciò di farci trasferire per insubordinazione. Spada
gli tenne testa: avevamo dimostrato che Canepa non si era inventato
niente, avevamo registrato tutto quello che ci serviva per fottere gli