Page 245 - Sbirritudine
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«Ne abbiamo già parlato. Non lo so.»
Sul monitor lo vidi asciugarsi le lacrime. Stava piangendo.
«Sono arrivati» disse a un tratto, e chiuse la comunicazione. Lo vidi
posare il cellulare in un cassetto. Uscì dalla stanza e poi rientrò con i
due amici estorsori. Sapevamo chi erano, li avevamo tenuti d'occhio
negli ultimi giorni: Michele Reina e Paolo Mura, fedelissimi di
Bellingeri. Sembravano due modelli, belli e ben vestiti, facevano strage
di donne tra Palermo e Trapani. Sempre invitati alle feste della gente
che conta, sempre con belle ragazze e belle auto. Ufficialmente
imprenditori, in realtà due serpi.
Dopo un giro di convenevoli, Reina disse quanto gli dispiaceva che
Canepa fosse nei guai. Lui l'aveva avvertito, Paolo Mura poteva
testimoniarlo. Era un periodo economico difficile, loro due avrebbero
raddrizzato il bilancio del supermercato: avevano le conoscenze giuste
e le giuste capacità. Canepa diceva che sì, che sperava nel loro aiuto,
ma quel dieci per cento mensile sul lordo dell'incasso doveva sparire.
Reina lo rassicurò: sarebbero diventati soci al cinquanta per cento,
quindi la percentuale si sarebbe dimezzata. Canepa avrebbe dovuto
pagare solo il cinque per cento mensile sulla sua metà dell'incasso. In
pratica non cambiava niente, ma Canepa non disse nulla.
«E dei tre dipendenti che non vengono mai al lavoro?» chiese
soltanto.
«Quelli sono ragazzi per bene» disse Mura. «E i ragazzi, si sa, sono
teste calde.»
«Uno, poi, è nipote di Bellingeri» aggiunse Reina.
«Come sta Bellingeri, a proposito?» chiese Canepa «C'è qualcosa che
posso fare per lui?»
Si stava avventurando in un terreno pericoloso. Stava rischiando.
«In che senso?» chiese minaccioso Reina.
«So che ci sono stati molti morti…» disse Canepa. «Ma non sono
fatti miei, scusate.»
Mura e Reina rimasero a lungo in silenzio. Poi Mura scoppiò a ridere,
e Reina con lui.
«Lei è sano sano» disse Mura, «un cristianello pulito pulito.»
«Sta bene Bellingeri» rise Reina, «e le manda pure i suoi saluti.»