Page 241 - Sbirritudine
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gli facevano prezzi di favore?

                 La  moglie  a  casa  si  spaventò,  sentendo  che  eravamo  della  Polizia:
              «Che è successo?».

                 «Niente signora, stia tranquilla.»

                 Su Canepa non risultava niente di niente, era un piccolo imprenditore
              incensurato,  sposato  con  due  figlie. Aveva  un  supermercato  a  Prezia,
              uno a Camico e uno in provincia di Agrigento. La moglie ci disse che
              quel giorno Luigi si trovava in quello di Prezia.

                 Una volta lì, feci un giro tra le file di scaffali. Era un posto ordinato,

              gli  impiegati  erano  pochi.  La  cassiera,  quando  le  chiesi  del  signor
              Canepa, mi indicò il banco frigo. Eccolo: piccolino, baffetti spioventi,
              pochi capelli e occhiali spessi. Vestito come un impiegato, in giacca e
              cravatta. Stava svuotando dei cartoni e sistemando la mercanzia sugli

              scaffali. Una commessa gli si avvicinò e gli chiese di uscire prima: era
              il  suo  anniversario  di  fidanzamento  e  voleva  andare  a  farsi  bella  dal
              parrucchiere. Che scusa era quella per uscire prima dal lavoro? Lui la

              guardò. Pensai che l'avrebbe mandata a quel paese, invece le disse che
              andava bene. E le augurò anche di passare una bella serata. Quando la
              ragazza se ne andò, gli andai vicino e lui ebbe un tremito. Aveva paura:

              la  paura  degli  innocenti.  Gli  dissi  che  ero  un  poliziotto  e  subito  si
              rasserenò.  Ma  quando  gli  spiegai  che  ero  passato  a  controllare  una
              denuncia, si irrigidì di nuovo.

                 «Io non ho fatto nessuna denuncia» disse. Aveva la voce in falsetto:
              mingherlino com'era sembrava un fischietto.

                 «Lo  so,  ma  è  venuto  a  fare  qualcosa  in  commissariato,  e  io  vorrei
              capire cosa.»

                 Iniziò  a  balbettare  e  a  guardarsi  intorno.  Gli  misi  una  mano  sulla
              spalla  e  proposi:  «Facciamo  così.  Se  vuole,  stasera  rimanga  qui  al

              supermercato, quando tutti saranno andati via. Se la troverò qui, vuol
              dire  che  avrà  qualcosa  da  dirmi. Altrimenti  torni  a  casa  e  dimentichi
              tutto».

                 Era combattuto. «Deve capire…» iniziò a dire. Ma lo fermai: «Lo so.
              So  che  è  difficile.  E  infatti  pochi  trovano  il  coraggio  anche  solo  di

              venire in commissariato a parlare. Lei ha già fatto tanto. So che pensa
              alla sua famiglia, anche io penso alla mia. Se non se la sente, è giusto
              così. Anche io ormai non me la sento più».
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