Page 230 - Sbirritudine
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sportiva tirata a lucido, incerata e perfetta come se fosse appena uscita
              dal  concessionario.  Era  un  tipo  meticoloso,  Garofalo.  E  gli  piaceva

              correre: guidava veloce, fissando la strada davanti a sé. Non parlava.
                 «Guida bene, dottore» dissi, «sul serio.»

                 «Lo so. Avrei voluto fare il pilota» rispose. Fine della conversazione.

                 Ma  dove  stavamo  andando?  Lasciammo  Prezia,  imboccammo
              l'autostrada,  poi  arrivammo  allo  svincolo  per  Cardillo.  All'inizio  del
              paese Garofalo si fermò, si girò verso di me e mi fissò.

                 «Non mi sento bene, guida tu.» Ero interdetto, ma mi misi al volante

              e mi avviai in direzione di Prezia.
                 «Ma dove vai?» esclamò.

                 «Torno al commissariato…»

                 «No, andiamo verso la spiaggia.» Non ero sicuro che Garofalo fosse
              nel  pieno  controllo  delle  sue  facoltà.  A  un  certo  punto  si  mise  a

              ridacchiare, come se parlasse sottovoce con qualcuno. Pareva spiritato.
              Quando provai a rallentare, estrasse la pistola dalla fondina e se la posò
              sulle ginocchia.

                 «Guida» disse. Ma che minchia aveva in testa?

                 Arrivati alla spiaggia, iniziai a fare avanti e indietro sul lungomare.
              Guidavo  da  un  capo  all'altro,  su  e  giù,  non  sapendo  che  fare.  Non
              c'erano  altre  auto.  Le  dita  di  Garofalo  giocavano  con  il  grilletto.  Se

              frenavo di colpo rischiavo di beccarmi una pallottola nello stomaco.
                 «Fermati» disse all'improvviso. Mi accostai al marciapiede e aprii lo

              sportello. Garofalo non disse niente. Scesi dall'auto e  misi  mano alla
              mia pistola. Anche Garofalo scese e si guardò intorno nervoso, tenendo
              la pistola saldamente in mano.

                 «Tu non ti fidi di me» disse. Era uscito di senno.

                 «Ma che dice, dottore? Certo che mi fido di lei.»

                 «Non è così. Tu e gli altri credete che io sia uno stupido, che non sia
              alla vostra altezza.»

                 «Ma che dice? Non è vero…»

                 «È così. Ma degli altri non me ne frega niente. È il fatto che lo pensi
              tu che mi fa stare male.»

                 Si  allontanò  dalla  macchina.  Che  dovevo  fare?  Sparargli  in  testa,
              prima che mi sparasse lui? Restai dov'ero, coperto dalla carrozzeria.
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