Page 228 - Sbirritudine
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che importava? Io volevo Bellingeri. Finita la caccia, sarei andato da
mia moglie e l'avrei convinta a tornare con me. Dovevo solo aspettare:
l'amo era in acqua, l'esca era succulenta, la lenza era sottile ma solida,
la canna piantata bene sulla spiaggia. Serviva la pazienza del pescatore,
adesso.
Una notte, una settimana dopo l'inizio dell'operazione, Cripto mi
venne a svegliare in archivio e mi portò nella sala intercettazioni che
avevamo allestito al primo piano. Mi fece segno di mettermi le cuffie,
poi avviò il nastro.
«Pronto?» La Tranchina, voce impastata dal sonno.
«Dormivi?» Era lui. Era Bellingeri. Trattenni il fiato.
«No» rispose la donna, «aspettavo la tua chiamata.»
«Non ti ho potuto chiamare prima, è un periodo difficile…»
«Lo so, me l'hai detto, tranquillo… va tutto bene?»
«Tutto a posto. Ti è arrivato il mio regalo?»
«Sì, la collana me l'ha fatta avere Tano Piscitello.» Piscitello, pensai,
uno della famiglia Bellingeri. «È bellissima, grazie» proseguì la
Tranchina. «Ho voglia di te» disse poi, «mi sento sempre come una
vampa proprio là quando ti penso.»
Troia. Sapeva come prenderlo, era molto furba.
«Per ora non è possibile» rispose lui, con voce incerta. Quella
femmina gli faceva effetto.
«Mi sono comprata della biancheria nuova…» Silenzio. Il boss se la
stava immaginando con il suo enorme culo insaccato in calze a rete
come una mortadella.
«E come ti sta?» le chiese. Stava diventando una conversazione a luci
rosse.
«Fifi, non ce la faccio più, ho bisogno di stare con te.»
Fifi. Aveva fatto il suo nome. Poteva bastare per il magistrato?
Doveva bastare: c'era una donna, il nome di Piscitello e quello di Fifi.
Era qualcosa eccome.
«Devo chiudere» disse il boss.
«No, parla con me…» fece lei, ma lui ormai aveva chiuso.
Mi tolsi le cuffie. Cripto mi guardava. «Lo abbiamo annagghiàto»
disse, «ce l'hai fatta!»