Page 224 - Sbirritudine
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troppo complicato e soprattutto rischioso. La frustrazione ci divorava:
ce l'avevamo sotto gli occhi e non potevamo fare niente.
Ma poi venne fuori che un sabato al mese Maria andava a Palermo
per negozi, con l'amica proprietaria del ristorante. Palermo era perfetta.
Lì saremmo stati al sicuro.
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Quel sabato ci piazzammo in alternata lungo la via che da Capomonte
portava all'autostrada per Palermo. Cripto all'uscita sud del paese,
Casco sulla provinciale e io vicino alla bretella di immissione. Cripto
mi avvertì al cellulare: la Tranchina era sulla Volvo blu dell'amica.
Erano insieme, guidava l'amica. Poi mi chiamò Casco: «Stanno
arrivando».
Misi in moto ed entrai in autostrada. Viaggiavo piano. Dopo un po'
vidi arrivare la Volvo dietro di me. Perfetto. Procedemmo lungo
l'autostrada avvicendandoci in testa o in coda con Cripto e Casco. A
Palermo le due guidarono verso il centro, poi persero tempo a cercare
posteggio. Casco, che aveva lasciato la sua auto molto prima e ci aveva
raggiunti a piedi, le prese in consegna. Quando io e Cripto lo
raggiungemmo, le due amiche si erano infilate in un negozio di scarpe e
lui le teneva sotto controllo. Cripto diede il cambio a Casco, io tenevo
d'occhio la strada antistante. Eravamo in pieno centro città, c'erano
troppe persone, troppe facce, poteva esserci chiunque: uomini d'onore,
boss, sbirri come noi. Ci serviva un momento di pausa. Un bar: se le
due fossero entrate in un bar sarebbe stato perfetto. Erano le cinque,
forse si sarebbero prese un caffè o un aperitivo.
Quando toccò a me sostituire Cripto, finalmente la vidi di presenza:
ecco Maria Tranchina, che usciva dal negozio con delle buste. Alta.
Seno generoso, cosce grosse, culo imponente. Sembrava un bastimento.
Capelli biondi, labbra cariche di rossetto, occhi truccatissimi. E oro.
Tanto oro addosso: collane, bracciali, anelli, orecchini. Tutto spesso,
tutto pesante, pareva la statua votiva di una santa il giorno di festa.
Camminava ancheggiando come una pùlla di strada. Era il tipo che