Page 222 - Sbirritudine
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«Bene, siamo rimasti in tre» esordii. «Quando abbiamo cominciato
avevamo grandi aspettative. Sono stato io a chiedervi di venire qui a
Prezia, e insieme abbiamo fatto tanto. Ma c'è ancora una cosa che
dobbiamo fare insieme.»
«A te non basta mai» disse duro Cripto.
«Cosa intendi?» gli chiesi.
«Che per te anche se li arrestiamo tutti non è mai finita. Tu vuoi
andare ancora più sotto. Tu non ti vuoi fermare. Non pensi a noi, che
abbiamo famiglia e non la vogliamo perdere. Noi non siamo come te.»
«No, infatti» lo interruppi, «voi siete meglio di me. Perché io la mia
famiglia l'ho già persa.»
«Mi dispiace» disse Casco.
«Lo vedi? Questo è quello che ci aspetta» esclamò Cripto. «I
candelotti sono arrivati fino dentro il commissariato, lo capisci? Come
ci sono entrati, te lo sei chiesto? Chi ce li ha messi? Uno dei colleghi?»
Non sapevo che rispondere. Io quella minaccia l'avevo ignorata come
facevo sempre, come avevo fatto con i proiettili trovati in macchina.
«Tu vuoi morire? Vuoi che ci uccidano tutti?» mi chiese Cripto.
«No, io voglio che non ci sia più nessuna minaccia. Voglio che
nessuno possa decidere della vita degli altri come minchia gli pare, solo
perché si sente Dio sceso in terra. Nessuno lo può fare con la mia vita!»
urlai.
«Ma è quello che gli stai permettendo di fare» ringhiò Cripto. «Se ne
sono andati tutti. Hanno vinto loro.»
«Ancora no» replicai. «È per questo che vi ho chiamato: so come
arrivare a Bellingeri. Ma ho bisogno del vostro aiuto.» Mi guardarono,
erano immobili. «Facciamo un ultimo sforzo» continuai, «vi prometto
che dopo mi calmerò.»
Cripto mi venne addosso e mi spinse a terra, sollevando il pugno
destro in aria. Non reagii: doveva sfogarsi. La sua mano era contro il
cielo stellato, circondata di puntini luminosi. Aspettavo il colpo,
avrebbe fatto stare meglio anche me. Ma non arrivò. Cripto colpì la
sabbia vicino alla mia testa, una, due, tre volte.
Poi si calmò e lui e Casco mi aiutarono a rialzarmi.
«Che dobbiamo fare?» chiese Casco.