Page 218 - Sbirritudine
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Agatino Tortorici. Ecco perché Pino aveva fotocopiato di nascosto il
rapporto di Rizzitelli: per evitare che Bellingeri raccontasse minchiate e
sporcasse la figura dello zio con sospetti e maldicenze per poi
condannarlo a morte.
«Non ci sono vie d'uscita, nelle vite come la mia» disse.
«L'unico che vuole la guerra è Bellingeri» replicai. «Tolto di mezzo
lui, io avrò evitato una guerra e tu di finire al cimitero.»
«Lo so che a te non importa nulla di me e della mia famiglia o della
guerra» obiettò lui.
Io stavo rispondendo, ma mi interruppe. Prese una penna dal
taschino, scrisse qualcosa su un pezzo di carta e illuminò la scritta con
la fiamma dell'accendino: “Maria Tranchina”. Poi avvicinò il pizzino al
fuoco, lo bruciò e, senza dire una parola, mi diede le spalle e sparì.
Maria Tranchina: finalmente avevo una pista.
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Da qui ad Agrigento sono circa duecento chilometri, poi dritto fino a
Marsala. E poi a casa. A rispondere a quella telefonata. Chi sarà a
chiamarmi? Il questore in persona? No, forse un dirigente. Sì, un
dirigente, è più da loro: chiedere senza scoprirsi. Dire senza dire. La
loro lingua è la stessa che usano gli altri, i mafiosi. Ecco perché si
capiscono: ragionano allo stesso modo, loro da una parte e tu dall'altra.
Solo. In Italia vieni sempre lasciato solo. Non c'è lo Stato, non c'è la
società, non ci sono le istituzioni. Se sei fortunato ti capita una famiglia
meno stronza delle altre e allora puoi contare su qualche parente,
altrimenti sei solo, e chiudere un occhio è l'unico modo per
sopravvivere. Noi italiani sopravviviamo, in questo siamo bravi. Ma
siamo soli, ognuno naufrago nel suo mare.
Rallento. Sento forte il verso delle onde. Ecco il castello e la tonnara
di Capo Passero e poi la Sicilia è finita di nuovo, non si può andare
oltre. Quest'isola ti obbliga sempre a tornare indietro, al punto di
partenza. È senza vie d'uscita, fatta solo di presente e passato, come una
galera. Una prigione dalla quale nessuno è mai fuggito davvero.