Page 214 - Sbirritudine
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Imbarazzo. Ma non si mise a ridere, per fortuna.
«Che posso fare per voi?» Garofalo gli mostrò il mandato. «Prego,
entrate.»
Le successive tre ore le passammo a controllare divani, tavoli,
armadi, muri e mattonelle seguendo le indicazioni scrupolose di
Garofalo. C'era odore di canne. I due amici si erano sballati davanti alla
tv mentre guardavano un film d'azione. Non stavano facendo una
minchia di niente, si facevano solo i cazzi loro. Avevano saldato i conti
con la giustizia e questo era tutto. Alla fine, anche Garofalo si convinse
che i due erano innocenti.
Tornammo al commissariato. Stavamo per salutarci, quando Garofalo
ci disse che voleva parlarci. Ci fece salire in stanza da lui e, finalmente,
si tolse quei guanti assurdi.
«Che cosa abbiamo imparato stasera?» Ce lo stava chiedendo
davvero. Che cosa voleva che dicessimo? Che avevamo imparato come
si fa una perfetta figura di merda? Cripto se ne uscì dicendo che lui
aveva capito l'importanza della preparazione prima di un'azione. «Ci
serviva più tempo» disse. In un giorno o due in più di lavoro forse non
saremmo andati così a colpo sicuro. Non so da dove gli venne quella
risposta, probabilmente aveva sonno e voleva tornarsene a casa il prima
possibile. Garofalo lo guardò compiaciuto.
«Bene» disse, «siete davvero una bella squadra.»
E finalmente quella nottata finì. Aspettai che tutti se ne fossero andati
e mi rintanai in archivio. Mi buttai sulla branda, sfinito.
La mattina dopo il piantone mi chiamò per avvertirmi che c'era al
telefono l'impresario delle pompe funebri. Gli stavo per dire che doveva
esserci un errore, quando capii. Presi la chiamata.
«Hai capito chi sono» fece la voce di Pino Tortorici.
«Sì.»
«Quell'articolo in quercia non lo trattiamo più» disse.
«E allora dovrei venire da lei per dare un'occhiata a quello che avete
in magazzino» risposi.
«Le abbiamo già spedito il catalogo a casa.»
Clic. Cazzo. Dovevo correre a Bonifacio.
Incrociai Garofalo nel parcheggio davanti al commissariato.