Page 215 - Sbirritudine
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«Tutto bene?»

                 «Come no» feci io.
                 «Pista da seguire?»

                 «Ovvio.»

                 Aveva una coppola in testa, stavolta: forse voleva mimetizzarsi tra i
              mafiosi. Guidai a mille, posteggiai sotto casa e corsi dentro al portone.

              Nella cassetta delle lettere trovai una busta. Entrai in casa e accesi la
              luce.  Non  mi  andava  di  aprire  le  serrande,  volevo  che  quel  posto
              restasse  chiuso  finché  mia  moglie  non  fosse  tornata.  Aprii  la  busta.

              Dentro c'era un volantino dai colori sparati. “Discoteca Jackie Farrel.
              Trapani.” Serata anni Ottanta. Dj Misuraca. Che minchia significava? Il
              mittente sulla busta era: “Ditta di pompe funebri Cammisa e Figli. Via
              San  Giacomo  65,  Palermo”.  Controllai  sull'elenco  telefonico:  la  ditta

              esisteva davvero. Ma cosa significava? Dovevo cercare un numero di
              telefono, non c'era altro modo per comunicare con Tortorici. Ogni altra
              ipotesi  era  troppo  complicata,  considerando  che  non  avevamo

              concordato alcun segno o codice.
                 Guardai il volantino in controluce. Niente. Poi feci lo stesso con la

              busta. Eccolo: sul risvolto interno della busta era segnato un numero di
              cellulare  a  matita  con  un  tratto  leggerissimo.  Uscii  di  casa  e  andai  a
              cercare una cabina telefonica. Composi il numero.

                 «Sono io» dissi, quando mi rispose.

                 «Non mi fido dei commissariati» fece Tortorici.

                 «Neanch'io.»

                 «E nemmeno delle intercettazioni.»
                 «Il cellulare che stai usando è nuovo?» chiesi.

                 «Sei l'unico che ha il numero.»

                 «Bene.»

                 «Come sei messo stasera?»

                 «Dove vuoi e quando vuoi» esclamai impaziente.
                 «Alle undici, al belvedere più alto di Monte Pellegrino.»

                 Ottimo posto, pensai. Se qualcuno ci avesse pedinato ce ne saremmo
              accorti immediatamente. Uscii alle otto di sera. Mangiai la solita pizza

              e poi guidai fino a Palermo. Ero certo di non essere  seguito,  ma per
              sicurezza  presi  l'autostrada  per  Messina  e  alla  prima  uscita  tornai
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