Page 213 - Sbirritudine
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cappellino di lana stile  pescatore in testa, felpa bianca, piumino  nero
              smanicato, jeans arrotolati poco sopra le caviglie, scarpe da ginnastica

              nere. E, a completare il tutto, guanti di lana tagliati che gli lasciavano le
              dita  scoperte.  Saltellava,  non  riusciva  a  contenere  tutto  il  suo
              entusiasmo. Ma come minchia si era vestito? Sembrava una caricatura.
              Casco e Cripto uscirono all'istante per evitare di scoppiargli a ridere in

              faccia.  Garofalo  diede  un'occhiata  al  mio  abbigliamento  e  mi  fece
              cenno di no con la testa. Secondo lui non avevo un vestiario appropriato
              all'operazione in corso.

                 Ci dividemmo: io, Cripto e Garofalo su un'auto, Casco di supporto
              sull'altra.  Ci  appostammo  sotto  casa  di  Pippo  Clemente.  Luci  spente,

              nessun movimento.

                 «Non c'è la sua macchina» disse Garofalo.
                 «Sa che macchina ha?» chiese Cripto.

                 «Non solo, conosco a memoria anche il numero di targa» specificò il
              dirigente.

                 La  sua  pazzia  aveva  un  metodo,  pensai.  Garofalo  accese  la  radio
              portatile e chiamò Casco, al quale, però, nessuno aveva detto di portarsi

              la radio. Così Garofalo lo chiamò al cellulare e gli disse che l'indomani
              avrebbero  dovuto  chiarirsi  su  quel  punto,  ma  che  intanto  dovevamo
              convergere  sul  secondo  obiettivo.  Si  sentiva  in  guerra,  il  dirigente.

              Quando  convergemmo  sulla  casa  di  Mimmo  Giosito,  non  riuscì  a
              trattenere un urlo di gioia: la macchina di Pippo era lì, ce la indicò. Io e
              Cripto calammo la testa.

                 «Minchia, Pippo è a casa di Mimmo… Quindi è vero che sono due
              boss» scappò a Cripto.

                 «Entriamo» disse tutto operativo Garofalo.

                 «Vuole fare irruzione?» chiese Cripto.

                 «No, suoniamo ed entriamo. Ho qui il mandato per un'ispezione.»

                 Incredibile. La Patania, amica di mafiosi, era stata nominata al vertice
              della squadra per catturare un latitante pericolosissimo e Garofalo, uno
              sciroccato, otteneva mandati per delle minchiate. Eravamo messi bene.

                 Scendemmo dall'auto e andammo a suonare. In tre, su questo punto
              Garofalo aveva insistito: «Gli metteremo paura» aveva detto.

                 Mimmo  Giosito  ci  venne  ad  aprire.  Ci  guardò.  Sembravamo  tre
              testimoni  di  Geova  ubriachi.  Poi  notò  i  guanti  tagliati  di  Garofalo.
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