Page 208 - Sbirritudine
P. 208

scarso.

                 Erano le cinque. Nel giro di un'ora Tortorici sarebbe dovuto arrivare.
              Ormai  le  domande  e  il  tono  della  discussione  mi  erano  uscite  dalla
              testa, avevo smesso di tormentarmi. Ora volevo solo capire perché, tra

              tutti i posti, si fermava proprio lì.
                 Andai verso la mia auto; i tir adesso erano tre. Forse Tortorici faceva

              qualche affare con gli autotrasportatori? Droga? Ma uno come lui non
              si sarebbe mai sporcato le mani direttamente.

                 Un  tir  iniziò  a  fare  manovra,  sembrava  un  elefante  mezzo
              addormentato. Avanti e indietro, lento. Poi scivolò a sinistra, come la
              tenda  di  un  teatro.  E  mi  apparve.  Ora  lo  vedevo:  il  motivo  per  cui

              Tortorici  si  fermava  lì.  C'erano  delle  croci,  spuntavano  come  fiori  di
              pietra su una collina poco lontana. Un cimitero.

                 Mi  avvicinai ai due tir rimasti e salii su un pendio erboso. Arrivai
              fino a un cipresso. Ecco: da lì, quel minuscolo cimitero appariva in tutta
              la  sua  bellezza  triste.  C'era  una  cinquantina  di  tombe,  tutte  piccole.

              Nessuna con cappella. Nessuna monumentale. Era un cimitero vecchio,
              malandato,  ma  si  vedeva  la  mano  pietosa  di  qualcuno  che  provava a
              mantenerne la dignità. Un custode? O qualche vedova sconsolata? In

              lontananza  si  vedeva  il  mare,  azzurrissimo.  Il  sole  ci  si  specchiava
              sopra  e  le  tombe  brillavano  di  rosso.  Era  un'oasi  di  pace.  Eterna.
              Tortorici veniva lì ogni volta per guardare il cimitero? Forse anche lui

              cercava la pace?
                 «Questo è l'ultimo posto in cui avrei pensato di incontrarla.» Era lui.

              Pino Tortorici.
                 Mi voltai e lo vidi. Elegante, abito scuro, occhiali da sole. Capelli e

              barba che pareva appena uscito da un salone di bellezza. Io avevo le
              occhiaie, la faccia sminnàta dal rasoio, i vestiti scombinati. Dimenticai
              tutto il discorso che mi ero preparato, ma tenni gli occhi fissi sulle lenti

              scure dei suoi occhiali.
                 «È bellissimo questo posto» dissi, e lo pensavo davvero.

                 «Come l'ha trovato, ispettore?»

                 «Non importa» risposi.

                 «E che cosa importa, allora?»

                 «Che io posso impedire la guerra.»
                 Si tolse gli occhiali da sole e mi fissò. «Quale guerra?»
   203   204   205   206   207   208   209   210   211   212   213