Page 207 - Sbirritudine
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lasciato;  Renzo  mi  aveva  tradito.  E,  nonostante  tutto,  continuavo  a
              ragionare per trovare il modo di parlare con Tortorici. Nonostante tutto,

              volevo  prendere  Bellingeri.  Ma  perché?  Mi  vidi  mentre  arrestavo  il
              boss. La gente di Prezia mi batteva le mani, mia moglie tornava da me e
              mi  sussurrava  all'orecchio  che  mi  amava  ancora,  anche  se  ero  un
              pentito.  «Ma  io  non  mi  sono  pentito»  le  spiegavo.  «Di  cosa  dovrei

              pentirmi?» Lei mi sorrideva. Mio figlio mi diceva che si sentiva fiero e
              orgoglioso. C'erano anche Spada e Paola vestita da sera, con una coppa
              di  champagne  in  una  mano.  Pure  Saro  Pitafi  si  presentava:  «Avevi

              ragione tu. Visto che è bello pentirsi?». E Renzo mi dava un candelotto
              di  dinamite  e  mormorava,  per  non  farsi  sentire  dagli  altri:  «Tieni,  ti
              passo  il  testimone».  E  poi  arrivava  Dino  Castrense.  E  insieme  mi
              gridavano  di  soffiare  sul  candelotto  per  spegnerlo.  Poi  tutto  diventò

              confuso.

                 Quando mi svegliai, l'indomani, avevo la sensazione di essere stato
              spremuto, centrifugato e strizzato. Erano le sei. Mi feci una doccia di
              fortuna  attaccando  un  tubo  di  plastica  al  rubinetto  del  bagno
              dell'archivio. A terra feci un lago. Mi tagliai la barba e mi sfregiai tre

              volte. Non avevo specchi. Mi feci un caffè, uscii e salii in macchina.
              Avevo molta strada da fare, secondo i miei calcoli ci avrei messo circa
              otto ore per arrivare all'Autogrill.

                 Viaggiai  senza  sosta,  mentre  in  testa  mi  facevo  mille  discorsi.
              Immaginavo tutte le conversazioni che avrei potuto avere con Tortorici:

              dopo otto ore di ragionamenti ininterrotti, avevo il cervello cotto. Poi,
              finalmente, l'uscita per l'Autogrill: mi infilai dal lato giusto, in direzione
              Napoli, e posteggiai in un punto distante dalle altre auto. Avevo circa un

              paio d'ore prima che Tortorici arrivasse. Sarebbe mai arrivato?
                 L'anticipo mi serviva per studiare bene il luogo. Girai nel parcheggio:

              pochissime auto, un paio di tir fermi con gli autisti che sonnecchiavano
              al posto di guida. Tornai all'edificio principale. I bagni erano esterni e,
              scoprii,  pulitissimi.  Al  bar  c'era  qualche  famiglia.  Il  reparto  libri  e

              minchiate  era  deserto.  Perché Tortorici  si  ferma  qui?,  mi  chiesi.  Non
              aveva niente di particolare, quel posto. Anzi, era più piccolo dei soliti
              Autogrill.  Forse  gli  piaceva  perché  era  meno  affollato?  Ma  ero  lì  da

              mezz'ora,  magari  poi si  sarebbe riempito. Non riuscivo a capire cosa
              avesse  di  speciale  quel  luogo.  Uscii  e  feci  un  altro  giro  intorno
              all'edificio. Rimasi appoggiato a un muro esterno a dare un'occhiata alle

              pompe di benzina: anche lì tutto normale, un paio di addetti e traffico
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