Page 203 - Sbirritudine
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portarsi in casa anche quelle. Partivo, le spiegai. Lei non disse nulla.
              Forse mia moglie le aveva parlato di noi, di come si sentiva. Ma non

              me ne fotteva niente: io in quella casa, senza di lei e mio figlio, non ci
              volevo abitare.

                 Tornai  al  commissariato  e  trovai  il  piantone  chiuso  in  bagno  a
              vomitare.  Attacchi  di  panico:  dopo  il  ritrovamento  dei  candelotti  di
              dinamite era diventato un aciddùzzo malato, mischìno. Lui non aveva

              firmato lettere di assunzione di responsabilità, ma se il commissariato
              fosse saltato in aria sarebbe stato il primo a morire.

                 Mi sistemai in una stanza vicino all'archivio. Misi vestiti, mutande e
              calze in un cassetto con la cancelleria. Poi tornai su, al lavoro. Ripresi
              in mano tutti i tabulati telefonici relativi al cellulare che mi aveva dato

              Colonna. Isolai i trenta numeri di telefono collegati alla SIM centrale,
              quella  di  Bellingeri:  ogni  cellulare  aveva  una  storia  che  durava  un
              mese. Seguii gli spostamenti di  ognuno sul territorio. Una ventina di
              numeri stanziali a Prezia e dintorni, una decina che girava per l'Italia.

              Tre facevano la spola tra Milano, Torino, Genova e Bologna; cinque si
              spostavano  da  Palermo  a  Messina  e  poi  a  Roma.  Uno  solo  si  faceva
              tutte  le  città  più  importanti,  ogni  settimana.  Consultai  i  fascicoli

              riguardanti  Pino  Tortorici.  Le  sue  società  erano  a  Palermo,  Messina,
              Napoli,  Roma,  Bologna,  Milano,  Torino,  e  coincidevano  con  gli
              spostamenti del cellulare più movimentato. In più, nel fine settimana,
              quel cellulare era sempre a Prezia. Quel numero, quindi, era stato nelle

              sue mani. Aveva ricevuto molte chiamate dal telefonino di Bellingeri,
              ma in un mese ne aveva fatte solo tre.

                 Poteva  non  significare  nulla  oppure  molto.  Comunque,  avevo  un
              percorso. Lo sovrapposi a una cartina dettagliata dell'Italia. Avvicinare
              Tortorici  in  Sicilia  era  una  malaminchiàta,  ci  avrebbero  visti

              sicuramente, pertanto dovevo beccarlo in un posto di passaggio. Notai
              che durante il viaggio di ritorno a casa, al venerdì, si fermava sempre
              per una mezz'ora all'altezza di un Autogrill lungo l'autostrada tra Roma

              e  Napoli.  Verificai  se  altri  cellulari  della  rete  fossero  lì  nello  stesso
              momento. No, era solo. Faceva sosta lì. Benzina? Sigarette? Pranzo? O
              forse  vedeva  qualcuno?  Dovevo  provare,  andare  in  quell'Autogrill  e

              aspettarlo.
                 Mi  preparai  alla  trasferta.  Era  giovedì.  Sarei  partito  l'indomani,  la

              mattina presto. Non sapevo cosa gli avrei detto: dovevo guardarlo negli
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