Page 204 - Sbirritudine
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occhi, prima.
«Buongiorno! La disturbo?» Alzai lo sguardo dalla scrivania. «Sono
Marco Garofalo.»
Lo guardai. Somigliava a un attore. Aveva i capelli perfetti e le
sopracciglia tagliate, sembravano disegnate. La barba fatta così bene
che pareva la faccia di un bambino, per quanto era liscia e chiara.
Vestito come un figurino, come quelli che perdono tempo davanti
all'armadio sicuri che la gente li guarderà per il resto della giornata.
«Buongiorno» risposi. «… Lei è?»
«Il nuovo dirigente.» Sorrise. Che denti. Bianchissimi. Parevano finti.
«Le posso chiedere cortesemente di unirsi a noi?» mi chiese poi.
Ma come minchia parlava? «Ma certo» risposi. Era lui il capo. Non
era una questione di educazione, lui dava gli ordini e io li eseguivo.
«Dove la raggiungo?»
«Di sopra, nel mio ufficio, se non le spiace. Chiudo la porta?»
domandò uscendo.
«No, la lasci pure aperta…» gli feci, mentre lui se ne andava.
Mi alzai in piedi, interdetto. Ma da dove cazzo veniva questo? Dal
Canton Ticino?
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Durante la riunione, Marco Garofalo non la smetteva di saltellare da
un punto all'altro della stanza. Faceva come una taddarìta. Mentre
chiedeva a Cripto se avesse troppo caldo, si voltava verso il piantone e
gli chiedeva se desiderasse un caffè, poi si girava con una piroetta e mi
sorrideva tutto contento. La mia prima impressione era confermata:
quello era un coglione. Voleva fare il simpatico, e più ci provava più mi
stava sulla minchia. Altro che un dirigente, pareva un intrattenitore, uno
di quelli che nei villaggi turistici ti scassano ogni cinque minuti per
chiederti di partecipare alla caccia al tesoro o di andare al corso di tiro
con l'arco. “Dài! Stiamo tutti insieme!” Non lo potevo sopportare. Feci
segno a Cripto che volevo andarmene. Non ce la facevo a reggere