Page 220 - Sbirritudine
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Fifi Bellingeri era il padrone assoluto. Questa Maria Tranchina doveva
              essere la sua donna. Forse una delle tante, o quella con cui stava adesso.

              Sì,  era  quella  la  pista  che  dovevo  seguire.  Cercai  negli  elenchi
              telefonici; a Palermo c'erano molti Tranchina. Avrei potuto chiamare i
              colleghi  di  Palermo  e  dei  paesi  vicini,  ma  non  volevo  che  si  creasse
              troppo scrùscio intorno a quel nome. Dovevo fare da solo. Pensai che,

              nonostante tutto, ero fortunato ad avere in quel momento un dirigente
              come Garofalo: potevo muovermi in totale autonomia, senza rotture.

                 All'alba  mi  feci  una  doccia  con  il  solito  tubo,  allagando  mezzo
              archivio.  Poi,  verso  le  nove,  andai  all'anagrafe  di  Prezia  e  mi  misi  a
              spulciare gli incartamenti. Niente, non c'era nessuna Maria Tranchina.

              Andai a Camico: niente neanche lì. Potevo provare con altri paesini del
              circondario,  ma  alla  fine  avrei  destato  sospetti.  Anche  se  inventavo
              scuse  per  consultare  gli  schedari  da  solo,  qualche  impiegato  avrebbe

              potuto  accorgersi del  nome  che  stavo  cercando:  lettera T,  donna.  Era
              rischioso.  Eppure  Tortorici  era  stato  molto  sicuro  del  fatto  che  mi
              sarebbe bastato quel nome… Poi capii: dovevo cercare a Bonifacio. Nel
              mio paese.

                 Andai all'anagrafe di Bonifacio l'indomani. Cercai di restare solo in

              tutti i modi, ma non riuscivo a togliermi di torno un'impiegata un po'
              troppo  zelante.  Sapeva  chi  ero,  e  voleva  capire  perché  ero  lì.  Per
              levarmela di torno feci un'ordinazione al bar e, quando arrivò il ragazzo
              con  il  vassoio,  finsi  una  distrazione  e  le  rovesciai  addosso  il

              cappuccino, la spremuta e il caffè. Se ne andò in bagno santiàndo come
              uno scaricatore e io mi misi a cercare in archivio.

                 C'erano  quattordici  Maria  Tranchina.  Sette  anziane,  tre  ancora
              bambine. Ne restavano quattro, due troppo adolescenti e le altre tra i
              trentacinque  e  i  quaranta.  Erano  due  cugine  e  potevano  andar  bene

              entrambe: Bellingeri aveva quasi cinquant'anni. Controllai gli indirizzi
              di  residenza:  una  stava  ancora  a  Bonifacio,  la  via  era  la  stessa  della
              farmacia dove andavo di solito. Bene.

                 Ci arrivai  a piedi  e  mi fermai davanti alla palazzina. L'edificio era
              cadente. Dal citofono risultava che c'era una sola famiglia. Non volevo

              attirare  troppo  l'attenzione,  così  entrai  in  farmacia  e  comprai  delle
              aspirine. Una volta fuori, controllai lo scontrino e la scatola, come se
              fossi  poco  convinto  dell'acquisto.  Finalmente,  il  portone  di  casa

              Tranchina si aprì. Ne uscì una donna anziana, con le gambe gonfie e le
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