Page 225 - Sbirritudine
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poteva piacere a un boss: sicura, arrogante, si capiva che sapeva quello
              che  voleva  e,  soprattutto,  che  sapeva  come  prenderselo.  Era  un

              femminone. Comandava lei a letto, si vedeva; forse a Bellingeri piaceva
              arrendersi,  sotto  le  lenzuola.  Era  evidente  anche  che  era  capricciosa,
              una capace di tutto. Una donna così era difficile da tenere. E poi aveva
              quell'aria… Guardava la gente come se le facesse schifo; emanava la

              protervia del potere da tutti i pori. Era la donna di un boss, non c'era
              alcun dubbio.

                 Maria  e  l'amica  mi  superarono  mentre  fissavo  con  estrema
              concentrazione  un  paio  di  mutande  microscopiche  esposte  in  una
              vetrina. Vidi la commessa che dall'interno mi guardò sdegnata: dovevo

              sembrarle un pervertito. Continuammo a seguire le due, che entrarono
              in un negozio di abbigliamento enorme. Quando si separarono, Casco
              seguì l'amica al primo piano, mentre io e Cripto tenevamo d'occhio la

              Tranchina, che optò per il secondo piano, scelse alcuni vestiti e sparì in
              camerino.  Era  il  momento.  Cripto  si  infilò  nel  camerino  accanto  a
              quello  della  donna  e  chiuse  la  tendina.  Io  lo  raggiunsi,  fingendo  di
              essere un marito interessato alla vestizione della moglie. Tenevo la testa

              dentro e il corpo fuori. I camerini erano tutti collegati, e sotto alle pareti
              divisore  erano  comunicanti:  c'era  uno  spazio  alto  almeno  trenta
              centimetri.

                 La Tranchina uscì dal suo camerino e Cripto si chinò a terra e vide la
              borsa.  Io  rimasi  con  la  testa  coperta  dalla  tendina:  avevo  paura  che,

              essendo di Bonifacio, la donna mi potesse riconoscere. Iniziai a dire a
              Cripto che il vestito gli stava bene, ma che forse era un po' caro. Maria
              mi passò a fianco. Sfilava nel corridoio con indosso un abito pacchiano

              e  si  guardava  nello  specchio  in  fondo.  Vanitosa  e  convinta.  Dissi  a
              Cripto  di  procedere.  Lui  afferrò  la  borsa  e  la  trascinò  nel  nostro
              camerino, poi cercò il cellulare. Una commessa si avvicinò alla donna e

              le due iniziarono a parlottare tra loro. Cripto telefonò al mio cellulare
              con  quello  della  Tranchina.  Poi  cancellò  in  fretta  dal  registro  la
              chiamata  in  uscita:  ora  avevamo  il  suo  numero.  Mentre  stava  per

              rimettere a posto la borsa, lo fermai: «Cerca l'altro».
                 «Quale altro?»

                 «Ce ne devono essere due» bisbigliai, «uno che usa sempre e l'altro
              che usa solo con l'amico suo.»

                 Cripto infilò di nuovo la mano nella borsa e pescò un altro telefono.
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