Page 229 - Sbirritudine
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L'indomani  mattina  mi  ero  preparato  la  storiella  da  raccontare  a
              Garofalo. Avevo copiato il nastro per farglielo sentire e messo insieme

              diversi  fascicoli  su  Bellingeri  e  Piscitello.  Poi  avevo  preparato  le
              piantine  aerofotogrammetriche  delle  due  zone  in  cui  il  cellulare  del
              boss risultava attivo. Ma, prima che riuscissi a parlare con il dirigente,
              in  commissariato  arrivò  la  notizia  di  un  ritrovamento  alle  porte  di

              Palermo:  tre  uomini  erano  stati  torturati  e  uccisi. Addosso  avevano  i
              documenti d'identità, volutamente lasciati nelle loro giacche. Erano tutti
              uomini  d'onore  della  famiglia  Tasca.  La  mattanza  era  cominciata,

              Bellingeri stava tirando le  reti per incanalare i tonni  verso la  camera
              della  morte.  L'attacco  frontale  ai  Tasca  significava  che  aveva  avuto
              l'assenso per liquidarli tutti, oppure che aveva deciso di farlo da solo e
              che quindi sarebbe presto scoppiata una guerra tutti contro tutti.

                 Corsi da Garofalo, che alla fine diede il suo assenso al mio raccontino

              fatto di coincidenze, culo e buona sorte. Non era per niente sicuro che il
              “Fifi”  invocato  da  quella  sconosciuta  il  cui  numero  avevo  avuto  per
              caso fosse proprio il boss, ma disse che si fidava di me e andò subito a
              parlare con il magistrato.

                 La sera, quando tornò, era strano in faccia. Pareva che se lo fossero

              cazziato per bene. Mi disse che ci aggregavano momentaneamente alla
              sezione catturandi di Palermo, perché si parlava di un boss importante e
              noi  di  Prezia  non  potevamo  gestire  da  soli  quel  caso.  Non  capivo.
              Garofalo balbettava tenendo lo sguardo a terra, le mani gli tremavano.

              Ma  che  cazzo  gli  aveva  detto  il  magistrato?  Pensai  alla  catturandi.
              Gente capace, quel gruppo aveva beccato numerosi latitanti. Ero sicuro
              di  potermi  fidare  di  loro.  Era  meglio  così.  Non  sarebbe  stato  il

              commissariato  di  Prezia  a  prendere  il  boss,  ma  era  il  risultato  che
              contava.

                 Quando avvisai Cripto e Casco li vidi delusi, ma anche sollevati: ora
              la  cosa  non  dipendeva  più  direttamente  da  noi.  Quella  sera  sentii  la
              stanchezza di settimane. Avevo voglia di vedere mia moglie. Stavo per

              andare  a  prendere  la  solita  pizza,  quando  Garofalo  si  presentò  nella
              stanza  dell'investigativa.  Era  di  nuovo  in  tenuta  operativa,  inclusi  i
              guanti con le dita tagliate, e mi disse che doveva parlarmi. Gli risposi

              che lo ascoltavo.
                 «Non qui» disse. «Vieni con me in un posto.» Mi alzai. Ma che cazzo

              gli  passava  per  la  testa?  Salii  in  auto  con  lui.  Aveva  una  macchina
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