Page 19 - Sbirritudine
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Dopo i due anni da ausiliario diventai un vero agente di Polizia. Ero
              felice  come  se  mi  avessero  eletto  presidente  della  Repubblica.

              Assegnazione: Palermo, reparto volanti. Mi misero in pattuglia con altri
              tre, così, per farmi acclimatare. Me lo ricordo ancora l'odore di quella
              macchina. Lo capisci appena ci entri dentro quanto sono vissute. Fanno
              un tanfo particolare. Sigarette, sudore, olio, birra.

                 C'era il capuzzello del gruppo, Dagnino, che non la smetteva mai di

              parlare, dava consigli su questo e su quello, sapevo tutto lui. Gli altri
              due  lo  compiacevano  calando  la  testa  e  commentando  allegri  ogni
              cazzata che gli usciva di bocca. Io ero abituato a farmi i turni in silenzio
              e tutto quel ciuciuliàre mi stava sulla minchia. Al primo giro di servizio,

              beccammo  uno  che  stava  scappando  con  una  Golf  bianca  rubata.
              L'autista della volante gli stava dietro facile. Mi resi subito conto che
              guidare non è cosa del ladro. Gli tagliammo la strada, Dagnino mi fece:

              «Acchiappalo,  vediamo  se  sai  fare  il  tuo  dovere».  Io  ero  già  sceso
              prima  che  lui  finisse  la  frase.  Corsi  verso  il  ladro  che  scattò  fuori
              dall'auto e iniziò a correre come una lepre. Minchia, mi dissi, non sa
              guidare ma corre che è un piacere. In un secondo feci mente locale. Ero

              al  Borgo  Vecchio,  praticamente  in  territorio  straniero,  a  Mafiopoli.
              Vicoli  stretti  e  resi  vischiosi  dalle  centinaia  di  bancarelle  di  frutta,
              verdura, vestiti, pesce e carne. Pieno di gente ostile. Io ero in divisa e

              rischiavo  di  venire  linciato.  La  mente  pensava  tutto  questo.  L'istinto
              aveva  già  ordinato  alle  gambe  di  muoversi.  Quasi  senza  rendermene
              conto  ero  all'inseguimento  del  bastardo.  Lo  vidi  sparire  dietro  un

              angolo e mi infilai in un vicolo per intercettarlo. Una donna che pareva
              una mongolfiera che volasse rasoterra svuotò per strada una quaràra da
              cinquanta litri piena d'acqua proprio mentre passavo. È stato per caso,

              'nta minchia. Inzuppato e ancora più pesante, però, non persi di vista la
              mia preda. Ecco poi due simpatici venditori ambulanti che spostarono i
              loro  banchi  fino  a  chiudermi  il  passaggio.  Mi  abbassai  e  puntai
              l'ostacolo  con  la  spalla  destra.  Feci  un  casino.  Mi  ritrovai  a  terra  tra

              triglie e fette di melone. Mi rialzai e mi beccai un polpo in piena faccia,
              lanciatomi dal pescivendolo infuriato come una bestia. Il ladro si era
              voltato per godersi la scena. Errore. Così mi fece incazzare ancora di

              più. L'adrenalina mi invase come una scarica di pioggia violenta. Iniziai
              a  correre  e  lo  inseguii  fino  a  un  vicolo  cieco.  Quello  cercò  di
              raggiungere il ciglio del muro saltando, ma era troppo alto. Smise di
              saltellare  e  si  girò.  Ci  ritrovammo  faccia  a  faccia. Avevo  il  cuore  a
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