Page 16 - Sbirritudine
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con  voce  placida  che  li  aveva  dimenticati,  ma  che  faccia  di  frittella
              garantiva  per  lui.  Guardai  il  collega  Maurizio.  Respirai.  Incrociai  di

              nuovo occhi di ghiaccio. Misi mano alla pistola e glielo feci notare. Mi
              schiarii  la  voce  e  in  dialetto,  con  accento  incarcàto,  dissi  che  ero  un
              ausiliario e mi inventai che ero al primo posto di blocco della carriera e
              che me la stavo facendo sotto. Che ero molto nervoso e mi doveva dare

              quei minchia di documenti. L'uomo si trasformò, e da damerino con gli
              occhi duri si tramutò in quello che era veramente. Si raddrizzò. Lo vidi
              gonfiarsi  davanti  a  me.  Diventò  più  grosso  e  più  alto.  Ebbi  la

              sensazione che occupasse l'intera macchina. Prese la forma di un boss.
              Lo  riconobbi  perché  assomigliava  spiccicato  a  Pasquale  Cantisàno  di
              Bonifacio. Avrei capito dopo che i boss si assomigliano tutti.

                 Il  don  mi  suggerì,  con  voce  profonda  e  in  dialetto,  di  non  fare
              minchiate. Mi consigliò di levare la mano dalla pistola. Poi mi disse che

              avevo  l'accento  di  fuori.  Poteva  essere  del Trapanese,  secondo  lui.  E
              aggiunse  che  non  serviva  a  nessuno  una  madre  senza  un  figlio,  una
              povera  femmina  che  avrebbe  rotto  i  timpani  ai  vicini  a  forza  di
              piangere. Né lui voleva perdere tempo a spiegare a qualche onorevole

              perché aveva dovuto ammazzare a Palermo un mezzo poliziotto testa di
              minchia  come  me.  Con  l'aggravante  che  poi  l'onorevole  si  sarebbe
              lamentato  con  lui  pure  dopo  qualche  mese  perché  avrebbe  dovuto

              presenziare  all'inaugurazione  di  un  cazzo  di  parco  giochi  intitolato  a
              mio nome.

                 Lo feci parlare. Il discorso filava. Concluse dicendo che lasciandolo
              andare  via  io  non  facevo  male  a  nessuno.  Lui  tornava  a  casa  dalla
              moglie e dai figli, e io e il mio collega dalle nostre fidanzatine. Poi tra

              un mese entrambi avremmo anche avuto una segnalazione di merito per
              una qualunque cazzata.

                 Fu quella la prima volta che vidi con chiarezza il grigio. Da una parte
              c'eravamo Maurizio e io. Dall'altra c'erano il boss e faccia a strisce. In
              mezzo c'era il grigio. La possibilità di non scegliere. Di non fare niente.

              Di  aspettare  che  le  cose  siano.  Il  grigio  è  il  colore  dell'attesa,  della
              mancanza  di  iniziativa.  È  il  colore  della  Sicilia. Aspetto,  non  faccio
              niente, lascio stare, non m'immischio, chi me lo fa fare, che me ne fotte,

              rompetevi le corna tra voi, ammazzatevi e lasciate in pace me e la mia
              famiglia, che volete da me, io non c'entro, io non ho visto niente, non lo
              so, lo Stato dov'è, ci hanno dimenticati, la colpa è dell'Italia, vogliamo

              il pane, siamo persone oneste, io sono pulito, ve lo giuro sulla testa dei
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