Page 189 - Sbirritudine
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chiedeva a noi il pizzo.»
«Chi lavorava con lui?»
«Tu ancora le regole del gioco non le hai capite. Tu continui a fare il
tuo lavoro convinto di farlo bene, ma la partita è più complicata.»
Colonna era un meccanico di Prezia e forse sapeva più cose di un
ministro, su come funzionava lo Stato italiano.
«E a chi di voi passava i rapporti, Rizzitelli?»
«A mio padre. Mio padre era il tramite con lui e Patalèo.»
Ah, giusto, Patalèo, me l'ero scordato. Rizzitelli e Patalèo. Sempre
loro.
«E come li pagava?» chiesi.
«In contanti. Sempre.»
«Tuo padre sapeva troppo, è per questo che l'hanno ucciso.»
«Mio padre non avrebbe capito niente di quello che c'era scritto nei
rapporti. Ma Pino Tortorici sì.»
Trattenni la sorpresa. Pino era il nipote di Agatino Tortorici, il boss a
casa del quale mi aveva mandato la Patania il giorno del suo arrivo.
Quello alle cui cantine faceva da custode il mio ex dirigente Scimò.
Agatino Tortorici era il sottocapo di Bellingeri.
«Che c'entra Pino Tortorici con tuo padre e con i rapporti di
Rizzitelli?»
«Mio padre andò con Pino Tortorici all'ultimo incontro con i due
carabinieri.»
«E perché?»
«Non lo so. Ma mi raccontò che Pino lo aveva portato in una
fotocopisteria la notte della consegna, e aveva fotocopiato tutto il
dossier. Poi avevano portato l'originale a Bellingeri.»
«E le fotocopie?»
«Pino ordinò a mio padre di non dire niente a nessuno. E mio padre
che poteva fare? Lo zio di Tortorici lo avrebbe squagliato nell'acido se
solo avesse provato a dire qualcosa contro suo nipote. E lo stesso
avrebbe fatto Bellingeri. Pino è considerato l'erede dello zio.» Nella sua
voce si sentiva una punta di invidia. Lui, Baldo Colonna, era figlio di
un uomo d'onore che non aveva fatto molta strada. Vicino al potere, ma
non abbastanza forte da esercitarlo. La sua era una famiglia rispettabile,