Page 188 - Sbirritudine
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Non so neanche io perché ho deciso di fare il suo stesso lavoro.»
Ero fuori. Lui era dentro, ma non chiudeva la porta. Stava zitto. Gli
feci un cenno con la testa. Sicuro di me. Gli feci capire che anche per
me finiva lì, e che io non volevo niente da lui. La porta iniziò a cigolare
sui cardini. Minchia. Era finita: Bellingeri mi era scappato dalle mani.
Mi voltai e iniziai a camminare verso la mia macchina.
«Rizzitelli è peggio di un venduto.» La voce di Colonna mi bloccò.
«Gli sbirri che se la fanno con Cosa Nostra fanno schifo» dissi, senza
voltarmi.
«Ma lui non faceva affari con Cosa Nostra. La ricattava.»
Rizzitelli ricattava Cosa Nostra. Un carabiniere. Non era possibile.
Mi voltai. «Di che parli?»
«Vendeva ai boss i rapporti sulle indagini contro Cosa Nostra e quelli
delle strategie operative. I resoconti annuali. E pure gli aggiornamenti
mensili.»
E bravo il collega.
«Non era da solo, come poteva farcela?»
«Lavorava con altri, carabinieri e poliziotti.»
Bastardi. Si vendevano il lavoro che costava a me e agli altri colleghi
notti di fatica e il rischio di venire ammazzati.
«Ma Rizzitelli catturava pure i latitanti… Forse faceva il doppio
gioco» dissi.
«No. Gli indicava Bellingeri quelli da eliminare. In base ai rapporti di
Rizzitelli, Bellingeri stabiliva chi dei suoi doveva andare dentro per un
po'.»
Certo, pensai, stare in galera serve anche a fare affari. A parlare in
santa pace, senza bisogno di precauzioni e senza nascondersi. Il carcere
era diventato una zona franca. È tutto al contrario: Cosa Nostra vive in
un mondo rovesciato. Per loro le persone normali sono fantasmi, lo
Stato è un alleato, i disastri naturali sono occasioni, il pizzo è una tassa,
le leggi chiacchiere e il carcere un luogo di lavoro. Tutto sottosopra.
«Quindi Rizzitelli lavorava per voi.»
«No, te l'ho detto. I rapporti ce li vendeva, e a caro prezzo. E gli
arresti che gli indicavamo li usava per fare carriera. La mafia è un
affare per alcuni di voi, un affare come un altro. Rizzitelli in pratica