Page 178 - Sbirritudine
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Dopo aver sentito l'intercettazione del ragazzino al prete di Murella
              Cattì,  presi  l'abitudine  di  piazzarmi  davanti  alla  cabina  telefonica  di

              Camico da cui era partita la chiamata. Ogni giorno, alla stessa ora in cui
              era  stata  fatta.  Ero  sicuro  che  il  ragazzino  sarebbe  tornato  e  volevo
              convincerlo  a  parlare.  Quella  chiamata,  infatti,  non  era  sufficiente:  il
              magistrato  ci  aveva  detto  che  avevamo  bisogno  di  altre  prove  per

              incastrare  per  bene  don  Ferdinando.  Ogni  giorno  andavo  davanti  a
              quella  cabina  e  mi  immaginavo  cosa  avrei  detto  al  ragazzino:  dimmi
              perché. Che cosa ti ha fatto, che cosa ti ha dato, che ti ha promesso?

              No, dovevo essere più calmo, meno irruento: confidati con me. Quello
              che ti ha fatto don Ferdinando non è una cosa buona, altri soffriranno
              per causa sua. Tu puoi aiutarli.

                 Ma il ragazzino non venne mai. Né l'indomani né il giorno dopo né
              quello dopo ancora. Per settimane mi appostai lì. Quel bastardo di prete

              doveva averlo avvertito. Ma si sarebbe fatto comunque un po' di galera
              per i soldi che aveva rubato alla Regione.

                 Trasmisi tutto ai colleghi di Murella Cattì, e loro subito dissero che
              don  Ferdinando  era  un  bravo  prete,  che  aveva  fatto  questo  e  detto
              quello. Feci presente che anche i loro figli erano in pericolo: dovevano

              fare  qualcosa.  Si  convinsero.  E  lo  beccarono.  Don  Ferdinando  fu
              trovato  con  tonnellate  di  materiale  pedopornografico  nascosto  nella
              canonica. Ma del ragazzino di Camico non si seppe mai più niente.





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                 Catania non dorme mai, come il suo vulcano. A Catania ci si diverte,
              Catania è ricca e viva. Da ragazzino, per me Catania era una specie di

              Las Vegas. A Bonifacio ne parlavamo come della città del peccato: tutto
              era possibile, a Catania. Industrie, commercio, vita notturna. Una città
              del Nord impiantata in Sicilia. Catania è diversa, operosa, dinamica e
              veloce. Ma non è Las Vegas. È solo una delle tre facce della Sicilia,

              insieme a Palermo e ad Agrigento. Perché Catania è una monarchia, lo
              è sempre stata. Qui non ci sono famiglie in lotta per il potere, ma un
              solo uomo che comanda su tutta la mafia cittadina. Un'unica cosca, più

              di  mille  soldati  al  servizio  dello  stesso  boss.  Quella  di  Catania  è  la
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