Page 174 - Sbirritudine
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e serve messa sgarra lo sbatto dentro senza tanti complimenti.»
«Questa storia della truffa alla Regione ci incasinerà la vita»
commentò Spada.
Gli diedi una pacca sulle spalle. «Dopo ti confessi e passa tutto.»
Mi sorrise. Era davvero un puro. Si andò a sedere sullo scranno tra la
ragazzina e il farmacista. Forse pregò. Io rimasi indietro, in piedi,
vicino l'acquasantiera. Non ce l'avevo con Dio, ma con la religione sì.
La religione tiene unita la mafia. La mafia prende il cemento dove
capita, usa le cose e le idee e gli cambia il senso, e la religione
stabilisce che loro sono nel giusto. Agli occhi della gente i mafiosi sono
religiosi. Vale lo stesso per i politici: se vuoi vincere le elezioni non vai
molto lontano se dici di essere ateo. La Chiesa lo sa. E se ne serve. La
religione in Italia è dappertutto: nella mafia e contro la mafia, nella
politica e contro la politica, in questo mondo e nell'altro. Controlla
tutto. Se solo i preti facessero davvero il loro lavoro, se non
confessassero i mafiosi e non dessero loro la comunione, se non li
sposassero e non battezzassero i loro figli e non dessero loro nemmeno
l'estrema unzione… Ma non è possibile, la Chiesa accoglie tutti. Deve
farlo. Perché sta con il potere. Certo, la Chiesa accoglie anche quelli
che combattono la mafia, solo che con loro ci sta alla fine. Durante il
funerale. Quando ormai le teste di cazzo che hanno combattuto non
possono più fare male. Solo allora i preti cominciano i discorsi, e
dicono messa, e citano la Bibbia. Eppure sono loro che hanno sposato
l'assassino del morto. Sono loro che gli hanno cresimato i figli. Sono
loro che gli ficcano in bocca l'ostia consacrata per le feste comandate.
Li nutrono del sangue e del corpo di Cristo, e così danno loro la forza
per premere il grilletto contro gli innocenti.
Lasciai Spada lì e tornai a sbobinare. La sera ero ancora a tre carte e
un punto: da solo non ce l'avrei mai fatta. Era quasi mezzanotte quando
presi un altro nastro e mi infilai le cuffie. Canonica di don Ferdinando,
Murella Cattì, al confine della provincia di Palermo. Un prete tosto, don
Ferdinando, uno di quelli in prima linea. Messaggio in segreteria
telefonica.
«Don Ferdinando?» La voce di un ragazzino. «Sono qui a Camico.
Non sei più venuto a trovarmi. Ho chiesto di te a don Carlo della chiesa
dell'Immacolata. Dice che non puoi venire per ora. Forse tra un paio di
settimane. Volevo dirti che… mi vergogno a dirtelo, ma l'ultima volta ci