Page 169 - Sbirritudine
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indagando, individuammo le loro utenze fisse e mobili e ci procurammo
              le  loro  foto.  L'organigramma  dei  coinvolti  occupava  due  pareti  del

              nostro ufficio. Spada aveva provato a riassumere tutto in una delle sue
              presentazioni  al  computer,  ma  i  dati  erano  talmente  tanti  che  gli  si
              sballava sempre il video.

                 Un altro ramo dell'indagine riguardò l'uso che i preti avevano fatto
              del  denaro  ottenuto  illegalmente.  Andammo  in  giro  per  la  Sicilia  a

              fotografare le chiese e i conventi che sulla carta risultavano ristrutturati
              e che in realtà erano diroccati. Fotografammo tutto, inclusi gli interni, i
              cui arredamenti, in teoria rinnovati, erano abbandonati o inesistenti. In
              una ventina di casi riuscimmo anche a scoprire dove era finita una parte

              dei soldi: auto di lusso, barche, villette, tutto intestato a prestanome. La
              quasi  totalità  dei  prelati  aveva  optato  per  un  sicuro  deposito  in  conti
              correnti e in un tranquillo acquisto di titoli di Stato. Un gruppo di loro

              si era lanciato nella speculazione in borsa.
                 Loredana ogni tanto mi mandava dei messaggi per chiedermi come

              andava. Io la rassicuravo che stavamo procedendo e che l'aiuto che ci
              avevano  dato  era  incalcolabile.  Alla  fine,  dopo  due  mesi  di  lavoro
              ininterrotto,  avevamo  il  quadro  completo.  Io  e  Spada  andammo  dal

              magistrato: era arrivato il momento della verità. Gli raccontammo e gli
              mostrammo tutto. E lui restò senza parole. Ci disse che quello era uno
              dei più grossi scandali di cui avesse memoria e si prese qualche giorno
              per analizzare tutta la documentazione che avevamo raccolto. Poi, una

              mattina,  durante  un  appostamento  per  pizzicare  un  sudamericano  che
              aveva deciso di fare affari con Cosa Nostra, mi arrivò una chiamata di
              Spada.

                 «Abbiamo  il  via  libera.  Ci  hanno  dato  le  autorizzazioni  per
              intercettare  i  telefoni  della  ditta,  il  cellulare  di  Vassallo  e  quelli  di

              cinque uomini della famiglia Bellingeri vicini a lui. Oltre, naturalmente,
              ai  telefoni  di  casa  di  tutti  i  coinvolti.  Sto  già  organizzando  la  sala
              d'ascolto qui da noi» disse, in tono professionale. Spada era così, univa

              l'intuito,  il  sangue  freddo  e  l'istinto  di  uno  sbirro  alla  serietà
              protocollare  e  alla  padronanza  dei  codici  di  un  perfetto  funzionario
              statale.

                 Ero  felice.  Quando  misi  giù  inviai  un  messaggio  a  Loredana:  “Ce
              l'avete fatta, grazie a tutte e due”. Adesso dovevamo solo piazzare la

              rete  e  aspettare  il  passaggio  dei  tonni.  La  mattanza  stava  per
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