Page 165 - Sbirritudine
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Vassallo  chiamò  in  ufficio  credendo  di  trovarci  il  socio,  e  quando
              risposi io riattaccò. Avevo paura. Sapevo che sarebbe venuto. Cercai di

              finire il lavoro più in fretta che potevo, ma lui arrivò prima.»
                 Loredana  scoppiò  a  piangere  di  nuovo.  Riuscì  solo  a  dire  che  era

              stato  terribile:  «Mentre  succedeva  c'erano  le  statue  dei  santi  che  ci
              guardavano muti. Pregavo, ma non accadde niente. Nessuno venne ad
              aiutarmi».

                 Ero furioso. Le mie mani erano affondate nella sabbia e cercavo di
              tenerle ferme.

                 «Quando finì» continuò Loredana, «mi disse che se avessi parlato mi
              avrebbe uccisa e poi avrebbe violentato anche Milena.»

                 «Ce la deve pagare» disse Milena.

                 Fu un attimo. La mano dell'una che accarezzava il viso dell'altra, con
              una  dolcezza  che  commuoveva.  E  capii:  capii  che  si  amavano.

              Loredana e Milena erano amanti.
                 Loredana lesse nel mio sguardo che avevo indovinato il loro segreto.

              «Noi due ci amiamo» disse. «Da sei mesi stiamo insieme. Non è facile.
              È  assurdo,  ma  ci  dobbiamo  nascondere.  Vassallo  deve  averci  viste,
              perché ha minacciato di raccontare in paese che siamo due lesbiche…»

              Si presero per mano. Intorno era pieno di gente distesa al sole. C'erano
              famiglie,  comitive  di  amici,  gente  che  correva,  che  urlava,  che
              mangiava, che si abbronzava, che giocava. Ma io non riuscivo a vedere
              altro che Loredana e Milena. Sembravano piccole piccole. Indifese, e

              sole. Era terribile. Loredana era stata violentata, e da un boss di Cosa
              Nostra. Ecco perché ci avevano chiesto di vederci all'altro capo della
              Sicilia:  avevano  paura.  Ma  avevano  anche  dimostrato  un  coraggio

              enorme: la telefonata in commissariato, quell'appuntamento in spiaggia,
              la confessione. Stavano lottando contro qualcosa di molto più grande di
              loro.

                 Non avrebbero mai potuto accusare un boss di violenza carnale, lui le
              avrebbe  scotennate.  Per  un  boss  quella  era  un'infamia  insopportabile,

              non gli avrebbero più lasciato comandare la sua famiglia. Per colpirlo
              dovevano attaccarlo su un altro fronte. Dovevano distruggerlo sul piano
              finanziario e legale, senza che venisse mai a sapere che erano state loro

              ad annientarlo. Era l'unico modo.
                 «Vi  ammiro»  dissi.  «Davvero.  Non  so  come  andrà  a  finire  questa

              storia, ma vi ammiro.»
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